di Anna Alfieri
Ho appena letto, su un quotidiano romano, una serie di articoli su l’uso politico della memoria storica in cui il ricordo delle Foibe risulta ancora da molti conteso, se non addirittura negato. Mi sono intristita e mi è venuta voglia di trascrivere su lextra.news un mio post privato che ho inviato – non so se ieri o ieri l’altro – solo ai miei amici in Facebook. Sento di far questo come mio dovere civile e morale, anche se in fondo parlo solamente di un mio piccolo ricordo infantile.
LA MEMORIA (quella mia) e LA STORIA (quella nostra). Ero così piccola che con la testa arrivavo appena al piano di cottura della cucina di nonna. Un giorno, con gli occhi sbarrati, ascoltai – quasi di nascosto come fanno i bambini curiosi – una signora forestiera che, somigliante ad Alida Valli, raccontava ai miei genitori e ai miei zii increduli ed esterrefatti di essere fuggita, anzi sfuggita, da un luogo in cui molte (ma molte) persone venivano gettate in grandi voragini nere che si chiamavano Foibe. Col tempo mi accorsi che, stranamente, delle foibe, in Italia, nessuno sapeva niente di niente. Allora mi convinsi che esse, le foibe, e la pseudo Alida Valli, erano solo il frutto-horror di una mia fantasia infantile da dimenticare il più presto possibile e per molti anni vissi felice e contenta.