di Marco Vallesi
Da giorni, al centro della cronaca locale, gli spazi sono occupati dalle notizie e dagli aggiornamenti ancora frammentari riguardanti l’insediamento di una tendopoli presso la “ex-polveriera” nella quale si dovrebbero alloggiare – si dice e si legge – cinquecento, non meglio sinora specificati, immigrati. Una decisione che sembra calata dall’alto, senza congruo preavviso e, apparentemente, non mitigabile da potestà territoriale o iter amministrativi.
In questi frangenti, come è nelle abitudini italiche e non solo tarquiniesi, le fazioni politiche si sono “scapicollate” a prendere posizioni sulla vicenda con toni di decisa, e talvolta populistica, contrarietà. Di motivi per contrastare un simile, barbaro, inadeguato e inopportuno insediamento ce ne sono diversi, forse decine, e nessuno, tra coloro i quali abbiano assunto una tale, scellerata decisione potrà sentirsi esente da responsabilità attuali e future.
Detto ciò, di responsabilità gravi, anzi, gravissime, seppure di altra natura, se ne possono già registrare numerose tra i commentatori dei vari siti internet, Facebook in primis. Si legge, ad esempio, sul noto social e a cura di qualche “raffinato” oppositore all’insediamento un sollecito a – bruciare i clandestini – a cui fa seguito il suggerimento di – tritarli con mezzi agricoli – ; e così continua il thread dei commenti sotto i post di questi “cittadini”, aspiranti campioni d’idiozia.
Occorre riflettere sul fatto per il quale, nonostante le continue invocazioni-evocazioni di censura a carico dei media, una certa libertà di mettere a nudo l’empietà di alcuni pensieri, i social, la concedono ancora. E la questione più interessante, sotto il profilo del populismo razzista più dannoso e deviante riguarda, non tanto qualche deficiente che si affaccia in proprio sulle pubbliche finestre di Facebook a sbandierare le personali oscenità (peraltro potenziali fonti d’incriminazione per istigazione all’odio razziale – Legge 25 giugno 1993, n. 205) ma, in modo molto più subdolo e strisciante, l’indifferenza di alcuni sedicenti “politici” i quali, pur coltivando ambizioni per amministrare le istituzioni della Città, lasciano che i commentatori si scatenino senza alcuna remora e “in chiaro” nelle loro “bacheche” omettendo – di fatto – di prendere le distanze da chi, altro esempio, s’interroga sul perché gli immigrati – non siano convertiti in materiale combustibile -. Bene, se qualcuno tra questi politicanti parlerà o scriverà ancora di “lager”, saprà anche chi si candida ad essere carnefice.