di Fabrizio Ercolani
Allevamento addio. Sembrerebbe che l’Università Agraria di Monte Romano sia in procinto di dismettere l’allevamento di bestiame biologico caratterizzato da circa 160 capi di razza autoctona maremmana, un allevamento rinomato che ha ottenuto tanti riconoscimenti anche a livello nazionale. Il presidente dell’Università Agraria di Monteromano Leopoldo Boni ne spiega i motivi criticando anche l’atteggiamento avuto dal suo collega di Tarquinia Alessandro Antonelli
Presidente Boni è vero che state per dismettere l’allevamento?
Senta, stiamo affrontando una questione seria che deriva da fattori che ci vedono, nostro malgrado, coinvolti. Quando nel 2009 la Corte Suprema di Cassazione impose l’immediata riconsegna dei terreni all’Università di Tarquinia, entrambi gli enti agrari si accordarono sul fatto che, a fronte di una “Fida Pascolo” concordata, il bestiame di Monte Romano sarebbe rimasto nelle aree boschive rilasciate fino al 31/12/2013. Abbiamo provato nel 2012 a richiedere la proroga di tale permanenza, ma l’Università Agraria di Tarquinia che nel frattempo aveva intrapreso un’azione legale milionaria, a parer nostro fantasiosa nei valori e un tantino surreale, per il riconoscimento del danno di occupazione, proprio in virtù del contenzioso instaurato, negava categoricamente tale concessione.
Perché ritenete l’azione risarcitoria fantasiosa e surreale, quando è stato più volte espresso dal Presidente Antonelli che i valori sono oggettivi?
È necessario premettere che abbiamo tentato di addivenire ad una soluzione transattiva stragiudiziale, ma non è stato possibile per la ferrea volontà dell’amministrazione di Tarquinia di adire le vie legali. Quanto al quantum verrà deciso dal tribunale e non dal Presidente Antonelli che ha prodotto una valutazione di parte e perciò non oggettiva.
Quei terreni, insieme ad altri, nel 1953 furono oggetto di esproprio – la proprietà allora era del Pio Istituto S. Spirito –, per la realizzazione del costituendo Poligono Militare furono difesi con vigore (opponendosi all’esproprio sia dei terreni propri che di quelli tenuti in affitto dal Pio Istituto S. Spirito) proprio dalla Università Agraria e dalla comunità di Monte Romano. Ed in virtù del veemente intervento oppositivo dell’Università Agraria di Monte Romano, nel 1954 furono stralciati 1100 ettari di territorio facenti capo alle tenute di Poggio Tondo e Ancarano, cioè proprio quei terreni oggetto di disputa. Quando si dice il danno oltre la beffa.
Giova sottolineare che fu Monte Romano ed in primis la sua Università Agraria a condurre una battaglia per la difesa delle terre oggetto di esproprio; l’unica testimonianza tarquiniese di vicinanza, che abbiamo agli atti, fu dell’allora consigliere provinciale Alfio Meraviglia.
Solo nel 1980, a seguito della legge di riforma sanitaria con la quale vennero disciolti gli enti mutualistici e ospedalieri – tra cui il Pio Istituto S. Spririto- , ed i loro possedimenti vennero inizialmente acquisti dai comuni di insistenza, il Comune di Tarquinia prima e l’Università Agraria poi iniziarono la rivendicazione quelle terre. Mi dica se non è surreale.
Cosa succede adesso con il bestiame?
Siamo molto preoccupati, perché siamo stati costretti ad uscire dal biologico e ciò comporta una grave perdita economica sia in termini di contributi comunitari che di valore intrinseco aziendale, oltre alla concreta possibilità di dover azzerare o ridurre al minimo indispensabile l’occupazione, e questo crea agitazione anche dal punto di vista sociale.
Ma come vi state muovendo?
Guardi, ricollocare l’allevamento biologico in purezza di bovini Maremmani non sarà facile. Abbiamo fatto una riunione con tutti gli allevatori che insistono sui nostri territori: la “Selvarella e il “Crognolo”, per verificare la possibilità di spostarvi in tutto o in parte la mandria ma non vi sono aree sufficienti e superfici pascolabili, e una forzatura potrebbe portare danno anche ad altri allevatori e questo non lo vogliamo, anche perché aprirebbe il fronte ad ulteriori azioni legali.
Ed allora?
Poiché riteniamo che un siffatto patrimonio genetico debba essere tutelato e difeso dalla comunità, stiamo provando a sensibilizzare il Comune, vorremmo che la cittadinanza fosse consapevole dell’esatta dimensione del problema e dell’enorme danno che la comunità sarà costretta a subire sia in termini reddituali che sociali, e pertanto auspichiamo che le articolazioni delle locali amministrazioni cittadine sappiano trovare un percorso condiviso. Disperdere questo grande patrimonio genetico, selezionato in purezza in questi ultimi 40 anni, sarebbe una vera iattura.
II Comune potrebbe essere interessato poiché già detiene un allevamento in purezza di bovini maremmani nell’Azienda di Roccarespampani potrebbe pertanto ampliarlo o migliorarlo nel processo di selezione.
Se il Comune non avesse alcun interesse, collocheremo obtorto collo la mandria sul mercato, con i rischi sociali a ciò collegati.