Riceviamo e pubblichiamo
«Abbiamo definitivamente superato i problemi ereditati dagli anni Novanta, completando il risanamento dell’Ente. La maggioranza è stata compatta e da una parte della minoranza sono giunti segnali positivi». Nell’esprimere soddisfazione per aver approvato il bilancio di previsione 2014, il presidente dell’Università Agraria, Alessandro Antonelli, fissa un nuovo e importante traguardo da raggiungere.
«Ora via alla riforma dello statuto con obiettivi precisi: razionalizzare ed economizzare. – prosegue – Tra i punti in discussione: la riduzione del numero dei consiglieri, degli assessori, delle indennità (parametrate alle presenze alla Giunta Esecutiva) e dei compensi all’organo di revisione; l’abolizione dei gettoni di presenza; il sistema elettorale a turno unico e le elezioni in una sola giornata; la diminuzione dei seggi elettorali; la selezione degli scrutatori tra i non occupati; il premio di maggioranza ridotto a 9 per chi vince, 7 per le opposizioni, oltre il presidente. Occorre inoltre prendere ulteriori misure d’incompatibilità alla carica di consigliere e assessore, fare maggiori controlli e prescrizioni per la presentazione delle liste, e adottare misure istituzionalizzate a sostegno dei giovani e degli utenti, con lo snellimento delle procedure. Le ultime elezioni sono costate 60 mila euro, e sarebbero stati 80 mila euro se vi fosse stato il ballottaggio. Un’esagerazione che va assolutamente evitata. Peraltro spese non più rimborsate dalla Regione Lazio. Sarebbe assurdo continuare ad usare il sistema elettorale in vigore per i comuni. Tagliare questi costi è quindi doveroso. Il nuovo statuto sarà presto al vaglio della commissione preposta. La speranza è di compiere un percorso condiviso con la minoranza. Il nostro intento è di riscrivere insieme le regole. Quella descritta è una bozza di lavoro sulla quale apriamo la discussione. Massima attenzione sarà dedicata anche alle finalità istituzionali. La carenza normativa sulla natura giuridica dell’Università Agraria è sempre più esasperante. Non possiamo continuare a essere assimilati agli Enti Pubblici, solo quando fa comodo allo Stato».