di Francesco Rotatori
“Or Israele amava Giuseppe più di tutti i suoi figli, perché era il figlio della sua vecchiaia; e gli fece una veste lunga fino ai piedi.
Ma i suoi fratelli, vedendo che il loro padre lo amava più di tutti gli altri fratelli, presero ad odiarlo e non gli potevano parlare in modo amichevole”.
Così inizia il racconto della Genesi che ha come protagonista Giuseppe, colui che da Dio fu investito della capacità di saper interpretare i sogni di chiunque gli si rivolgesse. Venduto per invidia dai suoi stessi fratelli a dei mercanti Madianiti, schiavo in Egitto di Potifar, ufficiale del Faraone, fu imprigionato perché accusato di averne violentato la moglie. Le sue doti gli consentirono di salvare miracolosamente l’Egitto dai sette anni di carestia che un sogno ricorrente del Faraone aveva predetto e di rincontrare i fratelli e il padre.
Per raccontare questa fantastica ed edificante storia con cui poter abbellire la Sala dei Duecento di Palazzo Vecchio, Cosimo I si era rivolto all’inquieto Pontormo, i cui cartoni non si erano tuttavia dimostrati soddisfacenti per il duca fiorentino. A lui venne affiancato allora il giovanissimo Bronzino, ritrattista di corte, e Francesco Salviati. Realizzati dunque i cartoni preparatori tra il 1545 e il 1553, furono inviati dopo il consenso del duca nelle Fiandre, di dove ritornarono mesi dopo. Confluirono nella collezione Savoia, che decisero di dividerli tra i loro palazzi alla fine dell’Ottocento.
Fortunatamente, dopo dieci anni di minuziosi restauri, il Salone dei Corazzieri del Quirinale ha accolto da febbraio l’intera schiera, che dal 12 aprile lascerà Roma alla volta di Milano, dove soggiornerà fino ad agosto. Rimane perciò un’ultima settimana a coloro i quali non hanno ancora avuto la possibilità di visionare questi splendidi tessuti, alcuni dei quali hanno riacquistato la loro gamma cromatica originale.
Tra questi spicca Giuseppe fugge dalla moglie di Putifarre, in cui la composizione si riempie di complesse figure che non solo si avvinghiano magistralmente all’interno della cornice decorativa che ingloba la scena, ma anche nei finti dipinti monocromi delle vele nel soffitto della stanza da letto, nelle statue dorate che abbelliscono l’arredo, nelle grottesche coloratissime che sono riportate con gusto erudito sulle pareti. Si notino poi la trasparenza dei veli, soprattutto della veste rossa di Giuseppe, che nella sua aggraziata fuga pare investito da una ventata laterale che gli incolla sul petto e sul ventre la stoffa, facendone uscire fuori i muscoli scalpitanti.
O ancora il gioco del susseguirsi dei piani in Giuseppe spiega il sogno del Faraone delle vacche grasse e magre in cui l’artista ha scelto di registrare vari livelli della narrazione che si aprono a scatola l’uno sull’altro, l’ultimo dei quali è il sogno stesso del sovrano che appare al di là della finestra centrale da cui siamo attratti per contrasto cromatico con il porpora delle vesti e per l’attrazione che suscita in noi questo caleidoscopio di interventi decorativi.
E infine l’Incontro di Giuseppe con Giacobbe in Egitto dove la potente volumetria delle stoffe dei due protagonisti in primo piano emerge da una scena ricca di accavallamenti cromatici e figure ritratte in pose graziosamente tortuose, quasi a incastrare tra loro il maggior numero di personaggi possibile.
Se poi si aggiunge alla rarità dell’evento la gratuità dello stesso e l’ottima disposizione degli arazzi con tanto di passo biblico posto a illustrazione dell’immagine, l’invito a visionare quest’esposizione prima che si sposti per altri lidi diventa quasi un obbligo.