di Marco Vallesi
Ora che da qualche giorno sembra essersi placata la tempesta dei comunicati – tutti letti e “digeriti” – sulla policroma questione “trasversale” vorrei esprimere anch’io un’opinione in merito. Uso il condizionale solo perché, a sentire il volume delle varie voci che si sono espresse in materia, sembrerebbe che sia necessario essere in possesso di fantasiosi titoli, di misteriose capacità cognitive e, ultime ma non ultime, doti di preveggenza. Così, non essendo dotato di altra qualità se non quella di cittadino-residente, mi accingo, modestamente, a divulgare e condividere qualche mia riflessione sul completamento della S.S. 675 Umbro Laziale (ex Raccordo Civitavecchia – Orte).
È interessante ricordare, solo per un momento, che l’opera ebbe inizio oltre quaranta anni fa e che il sottoscritto, insieme ad almeno una cinquantina di ex studenti pendolari tarquiniesi verso Viterbo, è testimone vivente delle grandi aspettative che si attribuivano a tale collegamento stradale; aspettative che, in gran parte, restarono tali a causa della lentezza del proseguimento dei lavori che ancora oggi registriamo. A quel tempo, la linea ferroviaria Civitavecchia-Capranica (in realtà la ferrovia era nata per collegare Civitavecchia ad Orte) era già in disuso da anni e noi pendolari, nell’andirivieni del tragitto quotidiano, incrociavamo spesso la linea di autobus che sostituiva quella tratta.
Sulla scorta di questi ed altri ricordi mi sono andato a guardare su “Google Earth” quanto si poteva ancora vedere del percorso della vecchia e dismessa ferrovia che, per la verità, conosco bene solo nei tratti incidenti nel territorio compreso tra Blera e Tarquinia (incluso Monte Romano). Con un minimo sforzo ho seguito le residue tracce visibili del tracciato della ex-ferrovia e vi ho sovrapposto una linea “rosa” (non sono riuscito a resistere al fascino dei colori sgargianti…); sopra l’immagine aerea resa dal programma on-line ho giustapposto, abbastanza precisamente, la famosa tavola A.N.A.S. della zona interessata dalle ipotesi di “tracciati colorati” (come da immagini a corredo).
Così facendo, mi è apparso clamoroso che il tracciato della ex-ferrovia potrebbe essere collegato al previsto e attuale punto d’arrivo della superstrada a Monte Romano con una nuova tratta di circa 4 Km. direzione Nord-Sud (nell’immagine la linea rossa grande). Ancora più evidente la brevità del collegamento dal suddetto tracciato ferroviario agli svincoli dell’autostrada in prossimità dell’Arcipretura (nell’immagine la linea rossa piccola): 1 Km. circa.
Il perché intendo sottolineare queste evidenze è dovuto principalmente a due considerazioni che mi sembrano non trascurabili (ne tralascio altre, a mio avviso, minori).
La prima: il tracciato della ex- ferrovia Civitavecchia-Capranica è già una “cicatrice” – per giunta sin qui pressoché inutile – nel comprensorio territoriale interessato all’ultima tratta della “trasversale Civitavecchia-Orte”.
La seconda: sin da quando fu costruita la ferrovia (i lavori iniziarono nel 1921 e fu inaugurata nel 1928) sulla tratta vennero riversati fiumi di denaro pubblico (l’ultimo finanziamento, di cui, ancora oggi, non si conosce la destinazione, è del 1988: 123 miliardi di lire; fonte Wikipedia) vanamente speso per un sistema di reti e infrastrutture antiquate e inadeguate già al momento della progettazione; tutto questo, in un Paese come il nostro, è stato, naturalmente, oggetto di ogni sorta di speculazione politica sia in forme popolar-propagandistiche che per quelle devianti forme speculative-finanziarie.
Detto questo, per non inoltrarmi in ulteriori disamine degli “sfasci” italici, mi chiedo come mai non si sia tenuto conto dell’ipotesi di utilizzare il percorso della ex-ferrovia nel progettare un tracciato meno impattante per il completamento della superstrada Civitavecchia- Orte?
Se si volesse riflettere, giusto per un esempio, sui costi già sostenuti dalle pubbliche finanze per sbancare svariate migliaia di metri cubi di terra e rocce per aprire il varco ferroviario, gallerie comprese, non si otterrebbe un’economia giusto ampliando ciò che si deve ampliare per rendere il tracciato compatibile con le specifiche tecniche per la superstrada? Meglio spendere di più, bucare, spianare, rimuovere e dislocare ex novo quantità enormi di terreno?
Non sarebbe preferibile sanare, definitivamente, il “taglio” della ex ferrovia raccordandolo e adeguandolo piuttosto che lasciarlo lì, a memoria di un passato inglorioso, e consentire così di produrre, parallelamente, un’altra ferita a questo martoriato territorio?