(s.t.) Domenica prossima, 25 maggio, i cittadini italiani saranno chiamati alle urne per eleggere i propri rappresentanti al Parlamento Europeo: una tornata che – tra giovedì e, appunto, domenica – vedrà al voto, secondo le norme stabilite da ciascuna legislazione nazionale, gli elettori di 28 paesi.
Tra coloro che hanno presentato la propria candidatura e che ambiscono ad essere tra i 73 rappresentanti italiani a Bruxelles – su un totale di 751 deputati – c’è anche una donna che ha un forte legame con Tarquinia: si tratta di Corinna Marzi, avvocatessa, che non esita a definirsi tarquiniese. “Sì – conferma – sono di Tarquinia in quanto figlia di un tarquiniese: e con Tarquinia ho un legame forte e particolare: ho tanti amici, mi piace come città, ci torno sempre volentieri”.
Quella legata alla candidatura alle Europee è, per Corinna Marzi, la prima esperienza politica. “Questa è un po’ la caratteristica di Fare per fermare il declino: un gruppo in cui in molti siamo neofiti della politica, scontenti di quanto visto negli ultimi venti anni di vita pubblica. Per questo motivo ci presentiamo con un programma e con un atteggiamento propositivi, che mirino a raggiungere la testa delle persone, più che la pancia”.
“Io stessa sono avvocato nella vita – spiega la Marzi – continuo ad esercitare la mia professione ed a viverne: il mio impegno politico è del tutto gratuito, autofinanziato e fondato sul volontariato. Fare per fermare il declino non riceve contributi statali, né dai poteri forti quali banche, assicurazioni o grandi gruppi industriali; contiamo sui contributi personali e dei sostenitori, per lo più piccole medie imprese: e siamo forse l’unico partito che ha davvera cuore il destino delle “famose” partite IVA”.
“A tal proposito, anzi – prosegue – ritengo che una cosa che si poteva fare per rimettere in modo un’economia che si regge su questi soggetti – realtà che danno lavoro e reggono il paese, sia con i contributi propri delle aziende, sia con quelli dei dipendenti – sarebbe stata destinare la stessa somma spesa per la copertura dei “famigerati” 80 euro renziani all’eliminazione dell’IRAP, tassa iniqua e anticostituzionale che non esiste in nessuna parte d’Europa”.
Ma politicamente parlando, come si inquadra Fare per fermare il declino nella geografia politica italiana ed europea? “In vista del voto continentale ci siamo coalizzati con tutte le anime liberali italiane – spiega – principalmente Scelta Civica e Centro Democratico, più altri piccoli gruppi che rappresentano l’anima liberale italiana. Assieme sosteniamo l’Alde, terzo gruppo al parlamento europeo, d’ispirazione liberal-democratica. Una scelta che ci porta a dichiarare senza remore il sostegno all’ex premier belga Guy Verhofstadt come presidente della Commissione Europea. L’intenzione, sia in Italia che in Europa, è di avviare quella riforma liberale che in questi venti anni, in Italia, nessuno è mai davvero stato in grado d’intraprendere”.
Il discorso passa, quindi, al rilievo che queste elezioni dovrebbero avere per gli elettori italiani. “Noi vogliamo fortemente stare in Europa, e sono personalmente certa che il discorso antieuropeista è in totale malafede, demagogico al massimo. In generale è evidente la volontà populistica di allontanare l’interesse dei cittadini dalle problematiche europee, spingendo tutto sul piano della politica nazionale. Ma l’Europa è fondamentale: per la possibilità di circolare e stabilirsi liberamente nei paesi membri, una moneta stabile, le opportunità che genera. Pensiamo a Tarquinia, dove i fondi europei hanno ad esempio consentito di riavere una bella spiaggia o di restaurare un tratto delle mura. Poi, è logico, ci sono tante cose che non vanno, e noi sosteniamo un’Europa diversa da quella vissuta negli ultimi anni, un’Europa non burocratica ma democratica, libera, integrata: un’unione vera, come intesa dai padri fondatori. Su certi temi servono scelte integrate, a partire da un piano energetico comune”.
Con una madre tedesca ed un padre italiano, in un clima di ostilità tra Germania e Italia come quello che caratterizza questi ultimi anni, come vedi i rapporti tra i due stati?
“Da mezza tedesca e mezza italiana conosco le mentalità dei due popoli, e sento che entrambi dicono tante banalità sull’altro. A me viene in mente la favola della formica e della cicala: al momento dell’entrata in vigore dell’euro, loro molto meglio di noi hanno controllato l’introduzione della moneta ed i cambi dei prezzi. Nei primi dieci anni, con un tasso d’interesse passivo molto favorevole, i tedeschi – nella persona di Schröder in particolare – hanno costruito quell’Agenda2010 che, con lacrime e sangue per i tedeschi, ha portato a riforme fondamentali su lavoro, pensioni e welfare. Da noi nulla, ed ecco il risultato: ora c’è bisogno cambiare, e se si vuole farlo va fatto qualcosa mai fatto prima. E la nostra proposta c’è”.