Riceviamo dalla sezione ANPI di Tarquinia e pubblichiamo
Il comune di Tarquinia intende concedere la cittadinanza onoraria a Liliana Segre, Lello Dell”Ariccia, Egea Haffner e Giuseppe Antoci. Si tratta, nei primi tre casi, di persone che hanno sofferto durante e appena dopo l’ultimo conflitto mondiale, tre vittime che è giusto onorare. Ma le loro storie ed i contesti in cui esse avvennero furono molto diversi e, se è giusto onorare chi allora subì inenarrabili sofferenze, riteniamo non si possano e non si debbano omettere cause e motivazioni di chi quelle sofferenze causò, perché se le vittime sono uguali, gli assassini hanno colpe e responsabilità diverse che non vanno taciute. Questa considerazione non intende per niente minimizzare i crimini commessi dai regimi comunisti, che al pari di quelli nazista e fascista, infierirono contro oppositori, minoranze, omosessuali ed altre categorie di propri cittadini. Per ben comprendere la collocazione storiche delle vicende di questi nostri tre connazionali, non è superfluo andare alla storia di quegli anni.
Gli anni trenta e quaranta del secolo scorso sono stati uno dei periodi più bui della storia dell’umanità. L’affermarsi, in diversi paesi europei, dei regimi nazista e fascista, vide il realizzarsi di una politica aggressiva verso altri popoli per mire esclusivamente espansionistiche ed apertamente rivolte alla sottomissione di “popoli inferiori”: slavi, polacchi, russi.
Queste aggressioni militari si accompagnarono alla “soluzione finale” per il popolo ebraico, da sterminare assieme a zingari, oppositori politici e popolazioni man mano sottomesse. La seconda guerra mondiale, originata – sottolineiamolo – dall’aggressione da parte di Germania e successivamente dell’Italia di altre nazioni in- dipendenti, vide lo sterminio di milioni di persone: l’Unione Sovietica pagò un prezzo valutato in quaranta milioni di morti, tra militari e civili, e la Jugoslavia, da parte sua, è la nazione che ha avuto il più alto numero percentuale di vittime, in rapporto alla propria popolazione.
Non dobbiamo nascondere o dimenticare che pure l’esercito italiano, che già in Etiopia si era reso responsabile di crimini di guerra, si rese colpevole di numerosi episodi di violenza, internamento in campi di concentramento e sterminio delle popolazioni sottomesse, soprattutto nella Jugoslavia. Quando, ad un certo punto, le sorti della guerra si rovesciarono, le vendette e le rivalse di quei popoli prima vessati si sommarono alle mire espansionistiche delle truppe titine. E la conseguenza fu che numerosi italiani pagarono con la vita per il solo fatto di essere stati dalla parte del fascismo o, più semplicemente, perché italiani, anche senza colpe. I più fortunati, poi, abbandonarono quelle terre, dove vivevano da generazioni, perché i nuovi equilibri post bellici li assegnavano alla Jugoslavia, contrariamente a quanto era successo alla fine del conflitto precedente. E la secolare, pacifica convivenza tra italiani e slavi, che già si era incrinata quando l’Italia, divenuta fascista, aveva imposto nei territori occupati una italianizzazione forzata a chi italiano non era, accompagnata da numerosi episodi di violenza, veniva nuovamente minata, a parti invertite, dagli strascichi di questo nuovo conflitto mondiale.
I morti sono tutti uguali e le sofferenze delle persone non hanno colore politico; ma non si deve banalizzare quel lucido e folle disegno di sterminio, che furono la guerra d’aggressione nazi-fascista e l’olocausto, accostando ad esso le esecuzioni, le vendette sommarie e le sofferenze che si ebbero nelle fasi finali della guerra, nei nostri territori nord-orientali. Analogamente a quanto accadde in molti altri posti del mondo, quando le sorti della guerra si rovesciarono, le vittime si rifecero sui loro aguzzini spesso in modo indiscriminato. E, ultima conseguenza di quella guerra, come di tante altre guerre precedenti (ricordiamo la Corsica, la Nizza di Garibaldi, la Venezia di Ugo Foscolo), i vincitori imposero agli sconfitti le loro rivendicazioni territoriali, causando l’allontanamento da quelle terre di chi vi risiedeva da secoli e non voleva accettare, come invece fecero tanti altri, di far parte di un‘altra nazione. E come era accaduto, solamente tre decenni prima, a tanti slavi che, quando quelle terre passarono all’Italia, si ritrovarono in un altro stato.
La Sezione Anpi di Tarquinia “10 giugno 1944”