Tarquinia, il Coordinamento civico contro le mafie nell’Alto Lazio chiede coinvolgimento sul futuro dei beni confiscati alle mafie

Riceviamo da Cinzia Brandi, Coordinamento civico contro le mafie nell’Alto Lazio, e pubblichiamo

Novità in vista per la villa di S. Giorgio confiscata alla criminalità organizzata! È di questi giorni, infatti, la delibera con cui la Giunta comunale di Tarquinia certifica la regolare esecuzione dei lavori di ristrutturazione e la relativa rendicontazione delle spese fin qui effettuate: che ammontano a 70,000 Euro, il 50% dei quali sarà coperto da fondi regionali e il rimanente rimarrà a carico del Comune.

Dalla lettura della Determina del 29/08/2023 apprendiamo che il progetto, per la verità ancora lontano dalla sua completa esecuzione, prevede di ricavare dal bene un “Centro culturale comunale per la legalità”. Per il momento, non è dato sapere altro: non sappiamo cosa si vuole realizzare in questo Centro, le attività che vi si svolgeranno, le risorse umane chiamate a realizzarle, le modalità con cui tali figure saranno individuate. Ma non sappiamo nulla nemmeno dello stato della villa di Marina Velka, per non parlare dell’immobile a San Martino, che ancora non è nemmeno dichiarato sul sito istituzionale del Comune, come dovrebbe ai sensi di legge.

A noi, del Coordinamento civico contro le mafie nell’Alto Lazio, sarebbe piaciuto ricevere notizie da un comunicato dell’amministrazione; anzi, visto che lo scorso giugno abbiamo scritto ai Sindaci dell’alto Lazio, e per conoscenza al Prefetto, chiedendo trasparenza su quanto viene fatto (o non fatto) per il riutilizzo dei beni confiscati alle mafie, ci sarebbe piaciuto essere contattati dal Sindaco o dall’assessore competente. È fantapolitica? Nel frattempo, attendiamo con trepidazione di conoscere con quale procedura ad evidenza pubblica questa amministrazione intenda assegnare la gestione del futuro “Centro culturale comunale per la legalità”.

Speriamo che gli amministratori rammentino quanto prescritto dal Codice antimafia in merito al “rispetto dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità e parità di trattamento” con cui procedere alla concessione dei beni confiscati; ogni altro sistema sarebbe esposto al rischio di opacità, all’accusa di favoritismi o, peggio, al sospetto di pressioni esterne esercitate in segrete stanze.