(s.t.) Halloween… ma non solo: se la folcloristica celebrazione della Notte delle Streghe diverte grandi e piccini con le sue atmosfere horror e gotiche, Tarquinia per storia, episodi e leggende è ricca di suggestioni da brividi nel corso dell’intero anno: già la storia etrusca pensa a condire la città di simboli dal carattere inquietante (nei giorni scorsi Anna Alfieri ce ne ha presentato uno proprio prendendo spunto dall’avvicinarsi di Halloween), ma anche quella più recente propone storie di ammazzamenti, carceri e (come ogni luogo ricco di storia che si rispetti) fantasmi.
Approfittiamo, perciò, di questa ricorrenza per raccontarvi alcune storie in tema – ringraziando la persona che ce le ha riportate, in modo anonimo come deve avvenire nelle questioni di mistero – ed proviamo ad aprire un ciclo di articoli che trattano di episodi simili, dato che Tarquinia pare davvero esserne ricca.
Il primo caso strano di cui parliamo è forse una delle più note tra le storie di fantasmi della città, ed è relativo a Villa Bruschi Falgari, che con il suo fascino un po’ retrò, il suo essere chiusa da cancelli degni di film di Tim Burton e – non ultima – la presenza della cappella con le sepolture è scenario che si adatta alla perfezione alle suggestioni. Ed è storia della fine degli anni ’40 quella secondo la quale, proprio affacciandosi al cancello che permette di scorgere il viale e la villa sullo sfondo, capitasse di notare la presenza di una giovane donna, in perfetti abiti ottocenteschi, che sulla loggia esterna curasse le piante con l’annaffiatoio o passeggiasse lungo il viale. La voce era così diffusa che i giovanotti tarquiniesi si appostavano fuori dal cancello incuriositi dagli avvistamenti.
Ancora più inquietante il ricordo, tramandato dai primi del ‘900, di una giovane sposa in abito bianco che – di notte – pare girovagasse per la campagna sulle sponde del fiume Marta, poco oltre l’attuale svincolo per la strada Tarquiniese verso Tuscania.
Altre storie, poi, si concentrano su Palazzo Vipereschi, sede a via Garibaldi dell’Università Agraria di Tarquinia ed ex carcere ecclesiastico dove venivano rinchiusi preti e monaci accusati di eresia, tanto che in passato il palazzo era stato ribattezzato l’Ergastolo. E già suona inquietanti sapere di prigionieri trovati morti, a partire da Don Meta, di Civitavecchia, lasciato morire di colera ancora in catene.
Non è un caso che su quelle stanze girino numerose leggende, ma anche testimonianze personali (una addirittura riguarda un ex presidente e proveremo a raccontarvela nei prossimi giorni), con testimoni che raccontano di come, ad esempio, nelle stanze all’ultimo piano – quelle alle spalle della sala del consiglio ora adibite a magazzini ed archivi – abbiano sentito un forte odore di sangue. E proprio in quegli ambiente la nostra “fonte anonima” ha vissuto in prima persona una storia inquietante. Di sera, spostandosi per preparare un caffè, sentì e vide muoversi la maniglia della porta, chiusa a chiave. E, subito dopo, la porta stessa iniziò a sussultare come se qualcuno, da dietro, provasse a forzarla. Solo che – come confermato da tutti anche nei giorni successivi – dietro quella porta non poteva esserci nessuno.
L’ultimo episodio raccontatoci risale, invece, alla metà degli anni ’50, quando in poche ore si sparse in città la notizia che in una casa del centro storico – pare situata lungo via Falgari – si stava verificando un fatto stranissimo, con i mobili di casa che avevano iniziato a muoversi per la stanza, costringendo la famiglia che vi abitava a scappare. Inutili, pare, furono anche i tentativi di esorcismo – ben tre, secondo i racconti – praticati dal parroco di San Giovanni: il turbinio dei mobili, visibile anche da fuori le finestre, continuò per tre giorni – tra la curiosità dei tarquiniesi che sembra chiamò all’intervento anche i Carabinieri, per impedire l’accesso all’abitazione – per poi, d’improvviso e senza apparente motivo, fermarsi.
Per ora ci fermiamo qui, sperando a breve di raccontarne altre. E ricordando il fantasma tarquiniese tutto de lextra.news che, qualche estate fa, fece divertire i lettori e noi!