Riceviamo e pubblichiamo
Nato sulle ceneri del Tarkna 2007 del compianto Presidente Gabriele Piva e riappropriatosi dello storico nome Tarquinia Calcio che mancava nel panorama calcistico dal 2003, la società blu-granata guarda al futuro con ambizione e rinnovato ottimismo attraverso un progetto serio rivolto ai giovani calciatori della nostra città.
“Il nome Tarquinia Calcio e suoi i colori – fanno sapere i dirigenti – hanno fatto la storia del calcio tarquiniese e non potevano essere abbandonati. Abbiamo per questo presentato domanda per ottenere il campo Teveroni, oggi abbandonato a sé stesso. Intendiamo recuperarlo a nostre spese per farlo diventare la nostra casa e per ridare il giusto rispetto alla persona e al ricordo di Adelmo Teveroni”.
“Puntiamo inoltre – proseguono – a rifondare il nostro settore giovanile con programmi e principi chiari. Priorità ai bambini e ai ragazzi di Tarquinia che si avvicinano al calcio per la prima volta o che non trovano spazio in altre società con campionati adatti alle capacità dei singoli gruppi, senza ricorrere all’abuso di giocatori provenienti da altre città. Vogliamo ricostruire partendo dal basso con umiltà e in maniera inclusiva, accogliendo tutti gli appassionati che hanno voglia di dedicarsi alla crescita delle giovani leve. Senza esasperazioni economiche e circoli chiusi improntando l’impegno sul volontariato e la passione, siamo sicuri che rivedremo allo stadio tanti sportivi che oggi rimangono lontani dal campo, con la gioia di tifare per la propria squadra”.
“Siamo già in contatto con importanti club di Serie A per garantire la migliore formazione possibile ai nostri tecnici – continuano – dando priorità proprio al settore giovanile fulcro del nostro impegno sul modello di altre importanti realtà della nostra regione. Confidiamo che l’amministrazione comunale saprà comprendere il nostro sforzo, garantendo pari dignità e medesimo trattamento per tutte le società locali con le quali siamo pronti a collaborare nell’interesse esclusivo del calcio tarquiniese, smettendo di sentirci ospiti indesiderati in quella che è anche casa nostra”.