Riceviamo e pubblichiamo
L’Istat diffonde per la prima volta le stime sul sistema dei conti della sanità riferite al periodo 2012-2016: esso fornisce un quadro informativo del sistema sanitario del Paese utile per soddisfare esigenze di analisi e per operare confronti a livello internazionale. Il sistema dei conti della sanità è costruito secondo la metodologia del System of Health Accounts – SHA – ed è in linea con le regole contabili dettate dal Sistema europeo dei conti, SEC 2010.Nel 2016 la spesa sanitaria corrente è pari a 149.500 milioni di euro, con un’incidenza sul Pil dell’8,9%, ed è sostenuta per il 75% dal settore pubblico e per la restante parte dal settore privato.La spesa sanitaria privata nel 2016 è pari a 37.318 milioni di euro, la sua incidenza rispetto al Pil è del 2,2%. Il 90,9 per cento della spesa sanitaria privata è sostenuta direttamente dalle famiglie.Nel 2016, la spesa sanitaria pro capite è stata pari a 2.466 euro e ha registrato rispetto al 2012 un aumento medio annuo dello 0,7%.La spesa per l’assistenza sanitaria per cura e riabilitazione nel 2016 risulta essere pari a 82.032 milioni di euro, con un’incidenza del 54,9% sul totale della spesa sanitaria e del 4,9% sul Pil. La seconda componente di spesa è quella per prodotti farmaceutici e altri apparecchi terapeutici, con 106 milioni di euro e una quota del 20,8% del totale.Nel 2016 gli ospedali sono i principali erogatori di assistenza nel sistema sanitario italiano, con un’incidenza del 45,5% sul totale della spesa sanitaria corrente. Al secondo posto si collocano gli erogatori di servizi sanitari ambulatoriali che pesano per il 22,4%.
Nel 2014 la spesa sanitaria dell’Italia è significativamente inferiore rispetto a quella di altri importanti paesi dell’Unione europea, sia in termini di valore pro capite sia in rapporto al Pil. A fronte dei circa 2.404 euro per abitante spesi in Italia, Regno Unito, Francia e Germania spendono tra i 3.000 e i 4.000 euro per abitante. Sempre nel 2014, la spesa in rapporto al Pil è pari a valori vicini all’11% in Francia e Germania, appena inferiore al 10% nel Regno Unito e di circa il 9% in Italia e in Spagna.