Il pericolo della costruzione di Roma Vetus sembra scongiurato. La notizia lascia, comunque, una amarezza residuale poiché affiora come un senso di provvisorietà per l’incombente fantasma di qualcosa che potrebbe presentarsi in altri modi meno grossolani e, direi, meno palesemente offensivi. Le eventuali modalità seduttive messe in atto potrebbero costituire una trappola per dare luogo a situazioni il cui degrado non sarebbe immediatamente avvertito ma le cui ricadute si rivelerebbero deleterie nel tempo. Ne è palese indizio la distruzione di molte parti del secolare paesaggio italiano deturpato, violentato da un abusivismo che i vari condoni hanno impropriamente legittimato.
La vicenda Roma Vetus adombra fondamento a questi timori. Il progetto dalle evidenti incongruenze con storia, ambiente, spessore storico-culturale, a quanto risulta, aveva avuto una iniziale accoglienza forse da attribuire a malintesi e ad involontarie errate valutazioni. Trattandosi, tuttavia, di una macroscopica situazione di inquinamento paesaggistico-ambientale, molte perplessità erano emerse in ambito cittadino. Un loro riflesso si è avuto anche in seno al Consiglio comunale, alcuni membri del quale hanno manifestato una apprezzabile e motivata opposizione all’iniziativa. La loro appartenenza alla maggioranza era indicativa della profonda crisi di coscienza che la proposta progettuale in questione aveva determinato in molti.
Sono ben noti, oramai, gli ulteriore positivi sviluppi che hanno portato alla sospensione dell’iter attuativo della costruzione di una struttura che col nome accattivante, ma pur sempre ambiguo, di Parco a tema, avrebbe costituito un’enclave che, contrariamente a quanto proclamato, avrebbe indotto, per la forte inclusività, alla esclusione della conoscenza del territorio circostante e dei suoi tesori sia da parte dei mitizzati crocieristi convogliati ivi a forza che di numerosi turisti che, invece di scarpinare tra ruderi e reperti archeologici originari, avrebbero trovato un’alternativa ludica alla frequentazione di supermercati e grandi centri commerciali nella onirica e culturalmente alienante atmosfera di colorati colossei, terme, fori, piscine e, poi, dappertutto, rumori musicali, arbitrari show con tradizioni e sagre tutte inventate . Non sono lontane dal reale queste prefigurazioni ove si consideri che una delle finalità previste sarebbe stata la utilizzazione del complesso come set cinematografico per films cosiddetti storici dei quali venivano delineate alcune sceneggiature di pura marca e ascendenza holliwoodiana.
Quale osceno spettacolo avrebbe offerto un luogo che pur riveste una qual sacralità anche per essere virtualmente la porta della Tuscia. Un indubbio vantaggio ne avrebbe tratto il sindaco di Roma che si sarebbe liberato della pletora dei falsi, ridicoli, esosi legionari che bivaccano nei pressi dei monumenti cittadini e che avrebbero trovato coerente occupazione trasferendosi all’interno di una fantasiosa ma fragile Roma antica fatta di polistirolo, cartongesso e profilati in alluminio. Con incidenti di percorso per l’eventuale concorrenza nello stesso ruolo da parte dei locali trasformati da eredi degli etruschi in comparse da falsi romani. Perché anche questa possibilità era da includere nella prospettiva di quella occupazione sbandierata per la realizzazione del sito.
La sospensione e, si spera ardentemente, definitiva cassazione del progetto in parola mentre attenua le preoccupazioni di coloro che si sentono parte di quell’umanità della quale è patrimonio Unesco l’incontaminato territorio di Tarquinia, ha determinato attacchi pesanti, con riferimenti anche alla persona del sindaco di Tarquinia fino ad evocarne ironicamente il destino di una futura memoria storica. Significativo al riguardo un articolo di scoperta partigianeria su Etruria news del 17 .05 u.s. intitolato: “Mazzola fa naufragare definitivamente Roma Vetus”, incentrato sulla entità dell’investimento, sul rapporto opzionale tra la Società promotrice e i proprietari dei terreni, sulla facile ma vacua promessa di assumere i componenti della famiglia degli stessi. Il tutto a difesa di interessi privatissimi ed esplicitamente speculativi nell’assoluta mancanza di riferimento alla più ampia e generale tutela e salvaguardia del paesaggio e dell’entità storica e culturale del territorio tarquiniese.
A fronte di tanta imbarazzante affermazione , avevo ritenuto doveroso e necessario esprimere, in appendice all’articolo in parola , un commento inviato con sottoscrizione di nome e cognome. Poiché non ne vedo la pubblicazione, pur concedendo che non possa trattarsi di atto censorio, ma forse di disguido comunicativo, ritengo, ad ogni buon conto, di darne conto su L’extra che, in tempi recenti, ha ospitato alcuni miei articoli sulla tutela e salvaguardia del paesaggio.
Questo il testo del commento: “Dunque, la eventuale e, spero, definitiva non realizzazione di Roma Vetus avrebbe ricadute dannose per i proprietari dei terreni. Nessun riferimento viene fatto alla salvaguardia del paesaggio, al diritto dei cittadini alla tutela di un territorio denso di sedimentazioni storico -archeologiche. Alla ventilata minaccia di una memoria negativa, si potrebbe rispondere da parte della più ampia comunità dei cittadini che il sindaco – ferma restando ogni riserva sul becero riferimento alla persona – non fosse altro, avrebbe il merito di avere salvaguardato uno straordinario territorio da una devastante struttura della vergogna. E, per favore, non si evochi il ricatto occupazionale “ .