di Romina Ramaccini
“Sono decenni che in Italia, non si affronta il Cubismo” . Così inizia l’incontro organizzato per presentare la mostra “CUBISTI CUBISMO”, aperta al pubblico l’8 marzo e visibile fino al 23 giugno 2013 presso il Complesso del Vittoriano. Da anni, infatti, nessuna esposizione ha affrontano in modo così completo, un percorso che valorizzasse non solo l’arte pittorica, bensì l’intera filosofia cubista che, in poco tempo dalla sua nascita, coinvolse non solo la pittura, ma anche la musica, le arti applicate, il teatro e la vita stessa del singolo.
Curata da Charlotte Eyerman e da Simonetta Lux, sono più di cento le opere esposte, tutte accomunate da un unico e grande interesse: quello di mostrare una realtà diversa da quella che solitamente crediamo, una realtà che si basa sulla conoscenza dell’oggetto e non semplicemente della sua visione.
Nato nel 1908 in Francia, dalla collaborazione di Picasso e Braque, il Cubismo si diffuse a macchia d’olio nell’arco di tre anni, coinvolgendo non solo l’ Europa, ma anche Russia e Stati Uniti. La sua fama si deve al modo in cui esso si proponeva di rispecchiare il forte cambiamento sociale e politico che stava avvenendo nei primi del Novecento: movimento, dinamismo e simultaneità, queste le parole d’ordine.
La mostra segue un ordine cronologico e geografico, la difficoltà nell’allestirla è dichiarata anche dalla curatrice che ammette mancanze all’interno del percorso, dovute principalmente da alcune opere che non sono state date in prestito da importanti musei. Di certo, non mancano però i grandi capolavori.
Una prima sezione presenta al pubblico la “Letteratura cubista”: parole ed immagini per raccontare la stretta collaborazione tra poeti, scrittori e pittori. Qui non possono mancare i testi di Guillaume Apollinaire, teorico del movimento e di Geltrude Stein, amata di Picasso , presente anche nelle opere dell’artista spagnolo. Oltre alle pubblicazioni, una serie di litografie, incisioni e disegni di Braque, Lèger e Picasso. Poco avanti, protagonista è ancora la poesia che, assieme alla musica, accompagnano il pubblico , sulle note di Le Chart del la mi mort, composta da Savinio, verso la sezione pittorica. L’impatto è notevole: immediatamente la curatrice ci pone a confronto i padri del movimento. Busto di Picasso e Parco a Corrières- Saint Denis si affiancano mostrando le loro affinità: tonalità monocromatica, scomposizione del soggetto e rigidità geometrica. D’altronde “è una pittura fatta di piccoli cubi”, questo affermava il critico Louis Vauxcelles riferendosi ai quadri di George Braque in un articolo del 1908 metre, Matisse, membro della giuria del Salon d’ automne dello stesso anno, parlava in modo derisorio delle opere di Braque introducendo per la prima volta il termine “cubismo”.
Nella sala successiva ecco quindi affiancarsi opere di artisti più o meno affermati: ancora possiamo ammirare Braque con Il violinista e Picasso con Chitarra e violino, opera data in prestito dall’ Ermitage e Nudo, ed ancora, Lèger, Gleizes, Picabia, Herbin. In mostra anche l’artista messicano Rivera che del cubismo disse: il cubismo ha scomposto forme esistite per secoli e ne ha utilizzato i frammenti per creare nuovi oggetti, nuovi modelli e, in definitiva, mondi nuovi.
Nonostante i pannelli esplicativi scarseggino, il tutto sembra ben comprensibile grazie al soggetto che, nonostante scomposto, mostra al visitatore la sostanza che lo compone, invitando così tutti allo studio di ciò che la natura ed il mondo ci offrono. Come non ricordare in tal senso Kafka che di questa filosofia, fu uno dei maggiori esponenti, esprimendo nel suo Metamorfosi l’intero concetto del nostro limitarci a vedere e non osservare ciò che abbiamo davanti. Occorrerà salire al piano successivo per avere una maggiore panoramica d’estensione del movimento: è qui infatti che architettura, arti applicate, teatro e cinema si riuniscono per presentare le molte sfaccettature del cubismo.
Del cinema i cubisti possono ritenersi gli iniziatori: deriva in parte dai papiers collés, creati da Picasso e Braque nel 1912, l’idea del montaggio fotografico e cinematografico, la sua collisione o sovrapposizione dinamica di forme e motivi, che influenzò negli anni successivi il lavoro dei futuristi e dadaisti. Il Cubismo è realtà a 360 gradi, un vero e proprio stile di vita e ciò lo mostrano le fotografie stesse che parlano di mobili cubisti, poltrone cubiste, edifici cubisti ed abiti cubisti.
Interessanti in tal senso sono le foto che ritraggono l’artista Sonia Delaunay al lavoro: dalle sue mani nascono opere alla portata di tutti, perché “il lavoro dell’artista non deve essere considerato un lavoro per il lusso e non deve essere estraneo alle arti pratiche”. Si diffonde così la moda cubista, con abiti che presentano motivi geometrici che si ripetono lungo i molti tipi di stoffe utilizzate nei lavori di Sofia.
Una mostra nel complesso esaustiva: è certo che per una così estesa e complessa esposizione, sarebbero state utili maggiori informazioni ad accompagnare il visitatore, ma fortunatamente, raggruppando esclusivamente opere cubiste, il percorso appare scorrevole ed interessante. Una pecca: l’illuminazione non idonea, molto spesso infatti, l’opera è disturbata da riflessi che non permettono una visione ottimale dei lavori. Nonostante queste piccole precisazioni, CUBISTI CUBISMO è un’esperienza da condividere, come d’altronde lo è ogni mostra: trovarsi a stretto contatto con i grandi capolavori ci permette di crescere e conoscere la realtà in cui viviamo ed inoltre, vedere capolavori provenienti da tutto il mondo, è sempre un’occasione unica e da cogliere.