Riceviamo dal Comune di Tarquinia e pubblichiamo
“Abbiamo tutti appreso dai giornali questa mattina che Tarquinia insieme ad altri comuni della Tuscia rientrerebbe nella lista dei siti scelti per il deposito nazionale delle scorie nucleari, se la notizia fosse ufficiale e confermata non esiteremo ad impedire che ciò avvenga, coinvolgendo anche tutti i comitati che da sempre si battono in difesa dell’ambiente, con ogni mezzo a nostra disposizione anche con azioni eclatanti.
E’ il quinto giorno dell’anno, di un Italia, di un paese, in piena emergenza sanitaria, ma il gioco di scegliere territori da distruggere ambientalmente parlando, in questa nazione e soprattutto in questa regione sembra non terminare mai. E dopo gli inceneritori, i mega impianti di fotovoltaico, oggi è il giorno dei rifiuti radioattivi. Un’altra battaglia che siamo pronti a combattere per difendere la salute dei nostri cittadini.
Siamo veramente stanchi di dover contrastare ogni giorno questi assurdi progetti, non solo distruttivi per i nostri territori, ma privi di qualsiasi confronto con gli amministratori locali e con i nostri cittadini.
Se ci sono rifiuti radioattivi da smaltire, qualcuno ne produce o ne ha prodotti, non mi risulta che il comune di Tarquinia sia tra questi o che ci siano aziende private di questo tipo.
Da quello che si legge infatti, la Sogin, società che si occupa dello smantellamento delle vecchie centrali, ha tenuto un consiglio straordinario lo scorso 31 dicembre, una data prediletta per i consigli straordinari, perché si sa, tra una lucetta di Natale e un brindisi di fine anno, il rischio di non avere gli occhi puntati addosso è forse minore.
Ma questa volta i fuochi di Capodanno hanno illuminato l’ennesima “storia all’Italiana” infatti.. da ciò che è scritto su queste testate nazionali qualche giorno fa i ministeri dello Sviluppo economico e quello dell’Ambiente hanno finalmente dato il «nulla osta» alla pubblicazione della mappa, tenuta segreta per tutto questo tempo nei cassetti della Sogin.
Dalla pubblicazione del 5 gennaio inizia il processo che nel giro di qualche anno porterà alla localizzazione del sito che in un primo momento dovrà contenere 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media intensità e poi anche 17 mila metri cubi ad alta attività, questi ultimi per un massimo di 50 anni (per poi essere sistemati in un deposito geologico di profondità di cui al momento poco si sa). Per il Deposito e il Parco tecnologico è prevista una spesa di 900 milioni di euro, che saranno prelevati dalle componenti della bolletta elettrica pagata dai consumatori.
Attualmente quello che abbiamo potuto apprendere è solo questo. Innanzitutto voglio capire immediatamente l’ufficialità di queste notizie, che mi auguro non arrivi ed ho già iniziato il dialogo con gli amministratori interessati dalla “Mappa Radiotattiva” per elaborare una strategia univoca di contrasto alle decisioni intraprese. Ho inoltre dato mandato agli uffici del comune di Tarquinia di redigere una delibera da portare al prossimo consiglio comunale dove esprimeremo ancora una volta il nostro NO a questo tipo di decisioni e ribadiremo ciò che è stabilito dall’articolo 1 comma 6 dello Statuto di questa città: “All’interno del territorio del Comune di Tarquinia non è consentito, per quanto attiene alle attribuzioni del Comune in materia, l’insediamento di centrali, industrie o impianti che non utilizzano fonti di produzione di energia rinnovabile, l’insediamento di industrie belliche, lo stazionamento o il transito di ordigni bellici nucleari e scorie radioattive”.