(s.t.) Tra poco, nella chiesa tarquiniese di San Francesco, si terranno i funerali di Giacomo E. Carretto. Proprio a San Francesco, la chiesa che ospita la cappella Cardini, in merito alla quale Giacomo, nel 2012, scrisse un articolo, “Cardi e cardellini europei nel cornetano San Francesco”; l’ultimo a sua firma pubblicato su L’extra.
Sì, perché Giacomo Carretto – l’uomo timido che mirabilmente, ieri l’altro, Luigi De Pascalis ci ha raccontato – è stato uno dei compagni di viaggio di quella splendida esperienza che era L’extra quando ancora era un giornale di carta. Ed è il primo, di quella comitiva, che salutiamo per sempre.
In quelle righe che svelano i segreti ed i significati di stemmi ed emblemi della cappella Cardini c’è, in fondo, molto di Giacomo: la curiosità nello scoprire, la rigorosa attenzione e la cura profonda nello studio e nella ricerca, la capacità di non chiuderne i risultati in ristretti spazi tematici, riuscendo a spostarli su piani culturali ed interpretativi diversi, spesso sorprendenti. Gli ingredienti, insomma, di una conoscenza e di una erudizione profonde, consapevoli, appassionate, che partendo dalla storia e dalla cultura islamica – settori su cui aveva costruito la sua vita professionale – spaziavano su ambiti disparati, dalla narrativa all’attualità, dall’arte al costume. Eppure, come quella pagina su cardi e cardellini ricorda, il modo di raccontare tutto ciò non perdeva mai la semplicità necessaria a renderlo facilmente comprensibile e brillante alla lettura: nel leggere storie intrise di dosi così intense di sapere, non c’era soggezione o difficoltà. Come non c’erano nel parlare con Giacomo, timido sì, ma cordiale, generoso.
Come è avvenuto per gran parte della redazione de L’extra, i primi incontri con Giacomo li ho vissuti in un posto in cui, anno dopo anno, sono passati tanti di quei personaggi e han preso vita tante di quelle idee da scriverci un libro: la Tipografia Lamberti. È nato lì, in fondo, quel gruppo che ogni settimana, per quattro anni, s’è riunito per decidere come riempire quelle otto pagine mensili, con chiacchierate che partendo dal tema degli articoli finivano per spaziare dovunque. Ricordo il salotto di casa Carretto, ognuno di noi sulla propria sedia e Rosanna a portare biscottini e bevande. Ricordo, dopo ogni riunione, di aver ringraziato Giacomo e lei per l’ospitalità; e loro che, sempre, puntualmente, ringraziavano me, per il piacere di serate passate a condividere chiacchiere tra amici. Ricordo persino, una volta – ma una sola –, Giacomo arrabbiato, per l’unico motivo per cui uno come lui poteva arrabbiarsi: la difesa di un’idea da un pregiudizio.
I ricordi e l’affetto non saranno le uniche cose che ci resteranno, da oggi in poi, di Giacomo. Rimangono le parole, quelle scritte d’inchiostro, anche su L’extra. E, almeno per me, resta l’esempio di un modo profondo e maturo di scoprire, di alimentare la curiosità, di conoscere, ricordare, raccontare e condividere: perché è anche e soprattutto conoscendo davvero il mondo che abbiamo attorno, nelle sue tante sfaccettature, che si impara a capire come viverlo. Il che, in un periodo come questo, è un insegnamento di valore smisurato.