Riceviamo e pubblichiamo
Dunque il messaggio dell’astensione non è passato, sebbene il premier Silvio Berlusconi avesse caldamente invitato la popolazione a prendere la via del mare. E non è passato, nonostante la loffia e abulica inerzia dei partiti nell’opera di sensibilizzazione dei cittadini, se si eccettuano quelli che si sono fatti promotori dei referendum. Il fatto che Di Pietro, che si serve spesso di toni trionfalistici, abbia cercato di ricondurre il raggiungimento del quorum ad una faccenda di mobilitazione civile più che politica, rappresenta un modo onesto e ammirevole di prendere le distanze da chi, come Bersani, vuole gettare il cappello a falde più larghe sulla vittoria dei referendum, quando niente ha fatto per la loro istituzione e il suo partito poco ha fatto per sostenerli.
Tanto per citare un esempio, e non rimanere sempre nel generico, nella nostra città l’azione del PD, che secondo Bersani dovrebbe candidarsi a sostituire il PDL alla guida della nazione, non è andata oltre l’affissione di qualche manifesto periferico ed una sortita peripatetica di fugace, quanto “ripalpato”, volantinaggio, affidato ai soliti volenterosi.
Nel caso delle tornate locali, invece, ogni piazza, ogni crocicchio, ogni spazio pubblico (e persino quelli privati) pullula di personaggi che si spendono in proprio, o che fanno da trainer e referenti per questo o quel candidato. La loro solerzia si spinge abitualmente nella preparazione di incontri che culminano in cene elettorali e nella insistita frequentazione, spesso fastidiosa, di passerelle e altri dorati momenti di effimera visibilità. Per quel che riguarda il sostegno al voto sui quattro quesiti, ci risulta che le poche occasioni enogastronomiche siano state fornite dagli aperitivi referendari di Tarquinia Democratica e di altri comitati promotori (cosa ben diversa dalle pantagrueliche cene elettorali, ma anche più sobria, proprio come l’acqua). Invece, sul piano delle presenze e degli incontri, abbiamo potuto soltanto assistere a sparute, quanto tardive apparizioni fuori dai seggi, di alcuni esponenti politici, effettuate più che altro per una sorta di pudico dovere.
Ma tali scarti tra il modo di concepire la politica in maniera ambivalente, a seconda se si tratti di temi cruciali per il cittadino, che non determinano però alcun protagonismo personalistico, o di questioni nelle quali sono invece coinvolti la partecipazione elettorale e gli interessi diretti, sono stati oramai smascherati e la popolazione si dimostra sempre più diffidente. Una diffidenza ed una repulsione che si esercita su entrambi i fronti.
Le recenti elezioni amministrative hanno dimostrato proprio questo. E non è detto che una tale tendenza finisca per rappresentare un fenomeno transitorio. Inoltre, già il fatto che un referendum voluto fortemente da gruppi e partiti minori e fortemente appoggiato da storiche e blasonate associazioni ambientaliste e di volontariato, che ha visto nascere migliaia di comitati organizzatisi spontaneamente in maniera trasversale, al di là di ogni colore e connotazione, abbia raggiunto il quorum, sconfiggendo la cappa di vellutato silenzio imposto dai media, la dice lunga su quali sommovimenti si stiano preparando nella società civile.
Quella società civile che molti esponenti dei vari PD locali, compreso quello nostrano (li abbiamo sentiti con le nostre orecchie) lamentavano fosse scomparsa in anni di trionfante berlusconismo. Il fatto che soggetti intraprendenti e motivati di questa società civile disertassero le sedi di un partito ridotto oramai ad un equilibrio doroteo di correnti e posizioni personali, preferendo lavorare con passione in associazioni libere da ogni sorta di condizionamento, su temi fondamentali per la salvaguardia del territorio, per loro era irrilevante. Non veniva considerato una ricchezza, e nemmeno una preziosa occasione per il reclutamento di una classe dirigente più attiva, ma finiva perversamente per diventare, con un’ottica grottesca e capovolta, il sintomo della scomparsa della società civile.
Analogamente, sul fronte opposto, i vertici del PDL e del centrodestra sono stati scavalcanti da una fetta abbastanza consistente del loro elettorato (quando non addirittura dai loro stessi esponenti), che ha dimostrato come anche a destra, per tante persone, la politica non sia soltanto posti di potere e personalismo, ma vada congiunta con gli aspetti cardine del vivere civile, quali la salute, le risorse fondamentali del territorio, i diritti inalienabili.
Tarquinia Democratica, nella sua oramai quinquennale battaglia civile concernente temi quali la difesa dell’ambiente, delle risorse, la cultura e il patrimonio, il lavoro delle donne, i diritti fondamentali dei cittadini, ringrazia tutti i tarquiniesi che con la loro partecipazione hanno consentito che si raggiungesse il quorum e tutti coloro che l’hanno sostenuta nella battaglia referendaria e che sono diventati attori protagonisti della mobilitazione sui quattro quesiti, ed osa sperare che questo capitale umano, che va al di là degli schieramenti, delle bandiere e delle etichette, non vada disperso.
Tarquinia Democratica