di Attilio Rosati
Daniele Federici nasce l’11 Febbraio del 1988 e cresce calcisticamente nella Corneto Tarquinia da dove, nel lontano 2002, spicca un balzo clamoroso verso le giovanili dell’Inter. A poco a poco la sua morfologia calcistica si trasforma e, da centrocampista, Daniele si evolve diventando un fortissimo difensore centrale, con una spiccata propensione per il gioco di spinta e un istinto naturale che lo sospinge verso il gol. Dopo una breve parentesi alla Pro Sesto, passa (sempre in comproprietà con L’inter) al Grosseto, in serie B, dove gioca per quattro stagioni consecutive ad altissimi livelli nonostante comincino ad acuirsi alcuni problemi alla schiena che il giocatore non ha mai potuto (o voluto) affrontare con la medesima risolutezza sempre dimostrata in campo. In ogni squadra in cui ha giocato ha messo a segno dei gol nonostante il ruolo difensivo e quando, nel 2012, passa al Frosinone, continua a manifestare questa sua pericolosità sotto porta.
A causa dei continui problemi causati dalla schiena lascia il calcio professionistico nell’anno 2012; interrompe il rapporto con il Frosinone e si trasferisce alla Castrense, dove diventa il perno centrale di una ascesa clamorosa che porta la Castrense alla metamorfosi che la vede oggi imperversare – come Viterbese Castrense – nel campionato di serie D. Una evoluzione calcistica della quale Daniele Federici è protagonista e creatore assoluto e incontrastato.
Sopporta dolore e fatica, ma non accetta, da quel guerriero che è, l’onta della tribuna e quando il nuovo tecnico della Viterbese compie la scelta infausta e tutto sommato inopportuna di relegarlo lì, la risposta del giocatore è tanto serena quanto ferma. L’addio. Consensuale. Da quel signore che è, Daniele non sopporta neanche l’dea di trascinare il suo contratto in essere fino a scadenza naturale, cosa che, diciamolo chiaro, gli avrebbe consentito di raggranellare una discreta sommetta. La sua carriera parla per lui. Il campo ha sempre parlato per lui. A noi non resta che manifestare rispetto per l’uomo e ammirazione per il professionista e l’atleta. Unitamente ad un augurio: gli auguriamo di poter contribuire a cambiare il mondo del pallone affinché in futuro impari a riconoscere e a onorare, insieme ai valori dello sport, anche quelli non meno fondamentali della gratitudine.