Riceviamo dal Consiglio direttivo della Società Tarquiniense d’Arte e Storia e pubblichiamo
Pini abbattuti a Tarquinia Lido, esposto congiunto della STAS alla Procura della Repubblica con Assolidi, Semi di Pace e La Lestra. Lo ha deciso il consiglio direttivo della Società Tarquiniense d’Arte e Storia per promuovere una forte azione di tutela del paesaggio contro le scelte dell’Amministrazione comunale
“Oggi percorrendo Viale Mediterraneo si ha la netta sensazione che l’equilibrio tra le strutture amministrative territoriali e il paesaggio sia venuto meno. Un intervento massivo come quello condotto al lido, stona in una società moderna in cui campeggiano slogan ambientalisti di sostenibilità, e stupisce per l’alterazione apportata al valore non solo estetico di quella strada, ma perché effettuato in area vincolata non ottemperando alle disposizioni vigenti in materia di tutela, proprio da chi dovrebbe impegnarsi per la conservazione dell’ambiente naturale e culturale, e darne esempio. La tutela del territorio non prescinde infatti dalla cultura, perché paesaggio e territorio sono un bene culturale di primaria importanza, come ben rappresentato dalla nostra Costituzione (art. 9) e dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.L. 42 del 22 gennaio 2004). Non a caso fin dalla fondazione, tra gli scopi statutari del nostro sodalizio c’è anche la salvaguardia del paesaggio e di quanto è caratterizzante del territorio, dove la fascia costiera è stata contraddistinta dall’antichità da una florida vegetazione spontanea di specie arboree della macchia mediterranea, tra cui pini ad alto fusto che a centinaia ne delineano ancora oggi l’identità.
La STAS nasce con queste finalità nel 1917, quando l’archeologo siciliano Giuseppe Cultrera, primo direttore del Museo Archeologico Nazionale, volle dotarsi di un’associazione che lo coadiuvasse nell’azione di salvaguardia del territorio. Finalità che sanciscono un legame centenario con gli Organi di tutela dello Stato, alle quali la STAS non è mai venuta meno e di cui, gli ultimi gravosi eventi, ci impongono di riappropriarci per caldeggiare l’attività delle soprintendenze. La voce delle Associazioni locali e dei singoli cittadini, nell’incredulità della possibile attuazione di un progetto malsano in difetto di autorizzazioni, forse ha tardato a farsi sentire e, comunque, non ha sortito l’effetto desiderato di evitare uno scempio, la cui eco purtroppo ha varcato i confini del nostro comprensorio e pare non smorzarsi, sebbene i soliti buontemponi abbiano prontamente tentato di far passare lo sdegno pubblico seguito al taglio dei pini, come un premeditato attacco politico o l’esito di virtuosismi da neoambientalisti. Ormai parlare di possibili soluzioni o di buone pratiche già messe in atto in altri Comuni, appare superfluo, si può solo sperare che il verde restante venga preservato e augurarci che le scelte future non saranno altrettanto sconsiderate, ma volte ad un reale sviluppo del lido che per tanti, troppi anni, è stato relegato ad un’appendice stagionale della cittadina.
Le gravi modifiche paesaggistiche che il “progetto di riqualificazione” di viale Mediterraneo hanno comportato, non possono passare in sordina e hanno spinto il Consiglio direttivo a prendere posizione e deliberare la partecipazione dell’Associazione all’esposto presentato alla Procura della Repubblica in comunione con Assolidi, Semi di Pace, La Lestra condannando non solo le scelte operate dall’Amministrazione Comunale, ma anche il metodo decisionista con il quale si è proceduto a giustiziare, nell’arco di 48 ore e senza le opportune autorizzazioni, 62 di pini in area vincolata, senza accettare alcuna forma di dialogo e di confronto. Dopo il parere vincolante e una diffida a procedere da parte della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria Meridionale, anziché perdere la lucidità, si sarebbe dovuto arrivare ad un tavolo di concertazione; agire contro le Istituzioni in un sito UNESCO è stato un atto non solo superficiale ma folle denota scarsa percezione delle funzioni ministeriali e lascia solo concludere che “errare humanum est, perseverare autem diabolicum””.