Riceviamo e pubblichiamo
Due copie da Raffaello sono state recentemente individuate dal nuovo Direttore scientifico del Museo della città di Acquapendente, Andrea Alessi, tra i dipinti conservati all’interno della Pinacoteca di San Francesco. Entrambe realizzate con la tecnica dell’olio su tela (134×104 e 134×103) e restaurate nel 2010 in occasione dell’apertura della Pinacoteca, rappresentano rispettivamente La Madonna del Divino Amore, il cui originale è conservato alla Galleria Nazionale di Capodimonte (olio su tavola, 140×109), e la Sacra Famiglia con San Giovannino, il cui autentico è al Kunsthistorisches Museum di Vienna ed è attribuito a Raffaello e bottega.
Entrambe di qualità altissima, relativamente al Divino Amore in passato c’è stato addirittura chi ha creduto di trovarsi tra le mani un’opera di un pittore coevo al Sanzio. Ipotesi adesso fugata dall’analisi congiunta di Claudio Strinati (ex Soprintendente del Polo Museale romano) e Andrea Alessi, che le hanno entrambe ricondotte a Terenzio Terenzi, anche noto come il Rondolino pesarese, pittore e abilissimo falsario di Raffaello Sanzio. Allievo di Federico Barocci, deve la sua fortuna ad Alessandro Montalto, cardinale nipote di Papa Sisto V, che gli commissionò importanti lavori a Roma tra la fine del ’500 e i primi venti anni del secolo successivo.
Per far conoscere al pubblico le due tele, l’Assessorato alla cultura del Comune di Acquapendente organizza per domenica 22 maggio 2016 alle 16.30, nell’ambito dei festeggiamenti per l’850° Anniversario del Miracolo della Madonna del Fiore, una visita guidata con il Direttore del Museo della città e lo staff della Coop. L’Ape Regina.
“L’attività del Rondolino – dichiara Alessi – è legata indissolubilmente alla produzione come falsario storico di Raffaello. Secondo il biografo Giovanni Baglione, se non avesse provato a raggirare anche il suo protettore, probabilmente non avrebbe avuto una fine triste. Accortosi dell’inganno, il Montalto infatti lo allontanò dalla sua protezione e fu così che morì di stenti e giovanissimo sotto il pontificato di Paolo V (1605-1621). Terenzio Terenzi – continua Alessi – ebbe però anche una sua produzione autonoma, riscontrabile, soprattutto a Roma, nell’Assunta, conservata nella chiesa di Santa Maria della Concezione, nella Madonna con Bambino e santi in San Silvestro in Capite e in Sant’Eligio de’ Ferrari, oltre che a Pesaro e Fossombrone”.
Claudio Strinati, consultato sulle due tele aquesiane, sostiene che, “data la possibilità di istituire confronti con certe sue cose sicure che sembrano avere un andamento della mano e un timbro cromatico che potrebbe attagliarsi soprattutto alla copia del Divino Amore, non possiamo escludere che l’autore di esse sia proprio Terenzio Terenzi da Urbino, il celebre falsario di Raffaello attivo tra fine Cinquecento e primi Seicento”.
“È interessante notare – rileva ancora Alessi – come le parti meno riuscite di entrambe le tele siano da ricondurre totalmente ad interventi di restauro. Confrontando gli originali con le copie di Acquapendente saltano all’occhio evidenti corrispondenze anche nelle dimensioni, il che fa propendere, probabilmente, per copie spacciate in luogo di originali. L’uso insistente di colori spenti (ocra, verde e celeste), che sfumano in una lieve penombra, rimandano certamente alla produzione del Rondolino, il quale, stando alle fonti antiche, sceglieva supporti usati e logori, applicava una miscela di vernici e colori che poi anneriva col fumo per conferire quell’aura di invecchiamento alle opere. Infine, è interessante notare che proprio del Divino Amore di Napoli si sia conosciuto l’autore con sicurezza solo recentemente. Fino a qualche anno fa infatti (2011) si pensava a Giovan Francesco Penni – a causa di un disegno preparatorio – e non a Raffaello, ipotesi poi smentita grazie ad indagini riflettografiche a raggi infrarossi promosse dalla Soprintendenza (Mochi Onori). Questo certamente coadiuva nell’individuazione di un autore molto antico per le due tele aquesiane, non troppo distante cronologicamente dal Sanzio”.