Pillole d’inciviltà quotidiana

Riceviamo e pubblichiamo il racconto della disavventura capitata ad Alessio Colotti. Lasciamo alle parole di Alessio ed a voi lettori ogni riflessione

Venerdi 14 gennaio 2010, ho preso il treno FS 3262 delle 17:09, dalla Stazione Termini di Roma, per Tarquinia. Nel mio vagone, pieno, erano presenti molti tarquiniesi. Seduto accanto a me un giovane tarquiniese, che conosco da tempo e che ho frequentato a lungo. Io ero seduto sul lato finestrino, egli sul lato interno. Sull’altra fila di sedili, un altro nostro compaesano, che conosco dai tempi delle Scuole Medie. Parlavamo amichevolmente.

Ad un certo punto, dopo essermi appisolato per pochissimo tempo, mi sono svegliato di colpo per il rumore del treno e, aprendo gli occhi, mi sono accorto che la mia valigetta non era più sulla cappelliera. Era un treno a due piani, dunque la griglia metallica della cappelliera, o portapacchi che dir si voglia, era molto bassa, appena sopra il mio capo. Istintivamente, mi sono alzato ed ho cominciato a dire a voce alta che qualcuno me l’aveva rubata.

Il secondo tarquiniese mi dice subito: «te l’ha presa quello», indicando un ragazzo basso, con una maglietta bianca, che non aveva decisamente un’aria raccomandabile. Mi sono lanciato verso il ragazzo colla maglietta bianca, camminando a fatica tra le persone in piedi nel corridoio. Il ladro era in piedi davanti la porta del treno, aperta. Soltanto allora ho realizzato che il treno era fermo. Il ladruncolo mi ha guardato negli occhi, in quei pochi secondi; lo vedevo meditare sul da farsi, poi, con una naturalezza teatrale, è sceso dal treno. Per fortuna, in quell’atto, la mia valigetta gli è scivolata di mano.

Non sapevo cosa fare: avevo il cappotto sul sedile, la valigia per terra ed il treno stava ripartendo. Istintivamente, con una dolorosa spallata, ho riaperto la porta che si stava chiudendo ed ho cominciato ad urlare a squarciagola: «quel ragazzo con la maglietta bianca mi ha rubato la valigia, fermatelo! ». Nel frattempo lo additavo. La gente sulla banchina, numerosissima, poiché era l’ora del rientro dei pendolari, lo guardava allontanarsi, senza fare nulla. Alcuni passeggeri sul treno, dietro di me, ironizzavano, dicendo: «scendi te, vacce te». Per fortuna, nella folla, un uomo alto e robusto, con un folto pizzetto bianco, l’ha acciuffato.

A quel punto, mentre io, molto commosso ed ancora senza scendere, lo ringraziavo ed il capotreno, finalmente accortosi dell’accaduto, fermava il convoglio, alcuni avventori se la prendevano contro il probo cittadino, schierandosi, de facto, dalla parte del delinquente. In particolare, un uomo sui sessant’anni lo ammoniva, col dito puntato, che stava commettendo un sequestro di persona e che lo voleva denunciare alla Polizia. A quel punto, il probo cittadino si qualificava come un Carabiniere in borghese, chiarendo che se fosse stato un privato cittadino avrebbe compiuto un atto di dovere civico, altro che un sequestro di persona.

Nel frattempo ero sceso ed era sopraggiunto un signore, credo il Comandante della Polizia Ferroviaria che, d’accordo con il capotreno, mi ha chiesto di risalire sul vagone a raccogliere le testimonianze, mentre essi sarebbero rimasti a terra per controllare l’ordine pubblico, visto l’accaduto. Salito sul treno, nessuno è voluto venire a testimoniare. Il secondo tarquiniese mi ha detto di no. Il primo non ha avuto neanche il coraggio di dirmelo: si nascondeva dietro il sedile e faceva di no con la testa, come i bambini. Sono sceso ed il treno è stato fatto ripartire.

Mentre aspettavamo la pattuglia, ho trascorso pochi minuti con il Carabiniere – offeso dalla reazione assurda della gente e che, per fare fino in fondo il suo dovere, vi aveva rimesso anche del proprio, dato che la reazione del ladro gli aveva strappato la tracolla della custodia del computer portatile, facendoglielo cadere per terra – ed il ladruncolo, che mi guardava dritto negli occhi e sorrideva, con l’aria di chi sa già di farla franca. Mi diceva: «ma tanto…hai visto…quando mi hai scoperto ed hai strillato, te l’ho lasciato…è il mio lavoro…»

Ci siamo spostati davanti all’ingresso principale della Stazione ferroviaria, dove i Carabinieri, appena arrivati con la vettura di servizio, lo hanno perquisito: non aveva armi. Ho dovuto anche sedermici accanto, poiché i Carabinieri avevano una sola macchina per andare in caserma. Ammanettato, seduto al centro del sedile posteriore, tra me ed un Carabiniere, ammetteva tranquillamente, al Carabiniere che, visti i suoi documenti e chieste informazioni via radio, glielo chiedeva, di essere sottoposto all’obbligo di firma, ma non quel giorno, venerdì, bensì il martedì ed il giovedì…

Una volta in caserma, ho chiesto dove fossimo, poiché fino a quel momento ero stato confuso ed in allarme e non avevo razionalizzato la situazione. Era successo alla Stazione di Trastevere ed eravamo nella Caserma dei Carabinieri di Trastevere. Lo hanno identificato. Se ho ben capito quello che dicevano nelle altre stanze, il ladro, risultato un ventinovenne algerino, è venuto in Italia da non più di tre anni ed era già stato arrestato per furto moltissime volte ed era, effettivamente, sottoposto all’obbligo di firma. Nel frattempo, io sporgevo querela allo stesso Carabiniere che lo aveva arrestato, che ringrazierò per sempre

Uscendo dalla Caserma, più o meno alle 19:30, ho visto il degrado delle vie adiacenti la stessa, con balordi ed ubriachi nella pubblica via. La sera, pur essendo convocato la mattina dopo per la Direttissima, appena arrivato a Tarquinia, sono comunque voluto uscire con quelli che credevo amici, per distrarmi un po’. Mi sono sentito urlare contro che avevano ragione le persone sul marciapiede della Stazione…che quello è sequestro di persona, che è così…perché loro le sanno, le leggi…che, comunque, è colpa mia, perché la valigia non si mette mai sull’apposito portapacchi…lo sanno tutti…

Con questa testimonianza, voglio denunciare l’evidente degrado sociale, giuridico, morale in cui versa la nostra società, ma, soprattutto, intendo lanciare un messaggio concreto alle persone per bene che ancora esistono ed esortare chiunque subisca un torto a non lasciare nulla di intentato per fare valere le proprie ragioni con i mezzi messi a disposizione dal nostro Ordinamento Giuridico. Non ostante le macroscopiche inefficienze della nostra Giustizia, aggravate da un evidente disinteresse a porvi rimedio, questo è l’unico modo per mantenere un minimo di vivibilità e cercare di ricostruire un poco di civiltà, per il futuro.

Per fortuna, in un oceano d’indifferenza, che colpisce duramente la persona offesa dal reato (molto di più del reato in sé, ve lo assicuro), capita, ancora di trovare un angelo custode.

Alessio Colotti