di Romina Ramaccini
Tre tavolini, alcune sedie, un bicchiere, una tavolozza posati su uno dei tavoli ed una musica in sottofondo: il tutto, immerso in una luce soffusa che timidamente mostra l’insegna del “Cafè du Dome”. Siamo a Parigi e più precisamente nel quartiere di Montparnasse, luogo di incontro per gli artisti ed intellettuali che erano soliti riunirsi nei primi del ‘900. Prima di accedere alla sala successiva e scoprirne i tesori, un ritratto sulla parete di fondo: è Jonas Netter visto da Moise Kisting che decide di immortalare colui che ha creduto ed investito su artisti ripudiati dalla società.
Netter, di nazionalità ebrea, non era il classico mercante d’arte, dedito alla bella vita e ad incontri mondani. Piuttosto timido ed introverso, prese a buon cuore questi “artisti” con cui, grazie alla conoscenza del poeta polacco Zbrowski, entrò in contatto. Suo principale obiettivo era sostenere in tutto questi pittori, pagando loro anche vitto e alloggio e farli conoscere non solo ad un pubblico europeo, bensì anche a quello internazionale e creare una fruizione più ampia e non esclusiva degli abbienti.
La mostra “Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti” – inaugurata il 14 novembre a Palazzo Cipolla (via del Corso, Roma) e visibile fino al 6 aprile 2014 – presenta al pubblico 120 opere di pittori che agli albori del Novecento hanno segnato profondamente l’arte contemporanea, discostandosi dalle armonie impressioniste per rappresentare sé stessi, le loro emozioni ed il mondo circostante. Giudicati negativamente dalla critica del tempo, erano soliti riunirsi in bar e luoghi poco eleganti per disquisire e confrontarsi tra loro, eccedendo nel vizio dell’alcool o delle droghe: da qui il loro essere maledetti. Una frase rende pienamente il disprezzo verso di loro. Chagall rivolgendosi alla persona di Soutine affermò infatti: “Fa veramente schifo!”
Il percorso della mostra si articola in sei sezioni ed è volto ad un continuo confronto delle varie personalità. Ognuno, a proprio modo, porta all’esasperazione la corrente espressionista, attraverso pennellate dure, contorni netti e campi di colore dove è del tutto assente lo sfumato. È una pittura aggressiva, diretta, che parla del disagio del singolo artista e del suo percorso, caratterizzato da sofferenza e delusioni. Palesi le influenze subite dai loro predecessori ed in particolare di Gauguin, Cezanne, dell’espressionismo nordico e dei Fauves.
Sono presenti artisti più o meno noti, ma ognuno di loro, degno di particolare attenzione; i temi affrontati sono diversi e vanno dalle bagnanti, al nudo, ai paesaggi. Numerose le opere di Derain, Soutine, Utrillo e Modigliani, solo per citarne alcuni. Presenti anche quelle di Vlaminck, Kisling e di Susan Valadon, madre di Utrillo ed amante di molti artisti, tra cui Degas e Renoir.
Di Utrillo dominano paesaggi e vedute che richiamano l’impressionismo, con colori e pennellate delicate, contrariamente a quanto accade nelle tele di Soutine, che sembrano denunciare la sua situazione da emarginato. Di origine ebrea, ebbe non pochi problemi, riuscendo a sfuggire anche dalle persecuzioni naziste. Le sue opere sono deformate, hanno pennellate violente e colori contrastanti.
Modigliani, forse l’artista più conosciuto, è presente con molti dei suoi ritratti “senza occhi”, in un contorno dove tutto sembra fermo. Morto poco più che trentenne, lasciò l’Italia, la sua amata terra, per recarsi dove era convinto potesse lavorare con l’arte.
Tutti gli artisti operarono in un clima di libertà espressiva e per questo motivo ognuno ha sviluppato una elevata diversità di stile, evidenziata dalle pareti scure di fondo e dalle luci che, posizionate idoneamente, rendono vive le opere trasmettendone le vibrazioni e risaltandone la materia. Durante il percorso espositivo, pannelli sintetizzano la vita dei pittori qui esposti e gli eventi salienti del primo Novecento. Presenti anche alcune foto che ritraggono Zborowski, Netter, Soutin, Modigliani e la sua amata: Jeanne Hébuterne, di cui può ammirarsi un ritratto eseguito dall’amato.
Interessante è anche un breve filmato dove Corrado Augias narra della vita di questi artisti, i loro modi di rapportarsi al mondo circostante ed il loro essere. È davvero un’esposizione che non ci si può far sfuggire: reduce dal successo Milanese del 2010, ha già dato grandi numeri e fino ad aprile, certamente, potrà vantare un primato di presenze non irrilevante. Curata da Marc Restellini, e grazie ai numerosi sponsor che hanno creduto in questo evento, possiamo oggi ammirare opere che altrimenti, tutte assieme, non avremmo mai avuto la possibilità di vedere.
La mostra è interessante non solo per gli adulti: infatti, laboratori didattici, permettono di rendere fruibile anche ai più piccoli l’intero percorso, facendogli vivere un periodo storico fondamentale ed immergendoli in quell’ambiente dove i nostri “artisti” riuscirono a dar vita all’arte contemporanea.
Tutte le informazioni a riguardo nel sito http://www.mostramodigliani.it/