Riceviamo e pubblichiamo
Nella Tuscia appare il segno più accanto alla voce “artigianato”, in base ai dati del secondo trimestre 2019 sulla nati-mortalità delle imprese diffusi da Unioncamere. “Ma è troppo debole e non basta a diradare le ombre”, commenta Luigia Melaragni.
La segretaria della CNA di Viterbo e Civitavecchia legge i numeri. Tra aprile e giugno di quest’anno, si sono iscritte nell’Albo 144 imprese artigiane a fronte di 130 cancellazioni. Il saldo positivo registrato è dunque di appena 14 unità, dopo un primo trimestre da dimenticare, perché le cessazioni (272) sono state superiori alle aperture di attività (187). “Il primo semestre si chiude, di fatto, con una variazione negativa (-71 imprese), mentre nello stesso periodo del 2018 si era evidenziato un incremento (+78, con 335 iscrizioni e 257 cancellazioni). Come abbiamo detto spesso, non mancano le capacità imprenditoriali. Gli artigiani, le micro e piccole imprese hanno grandi potenzialità e resistono – prosegue Melaragni – ma, in un Paese con il Pil fermo e dove molti dei problemi irrisolti si appesantiscono ulteriormente, non sono certo incoraggiati gli investimenti. Ci aspettiamo misure in grado di animare lo sviluppo e promuovere la competitività, di creare fiducia”.
Sulle 7.210 imprese artigiane attive nella Tuscia, domina il settore delle costruzioni (3.283 unità allo scorso 30 giugno, +10 nel secondo trimestre). Pesano altresì il manifatturiero, che però non ha avuto una performance brillante, e i servizi. Per molte delle attività legate a questi ultimi, prosegue il trend di crescita (vedi i servizi alla persona e, per esempio, per il paesaggio). Segno più per l’artigianato del Lazio, dove il saldo è di 319 unità (con 1.767 iscrizioni e 1.448 cessazioni).