di Stefano Tienforti
Vi invidio, a volte. O, meglio, provo invidia quando leggo e sento quelle belle opinioni così nette e decise, quelle sentenze così lapidarie, quelle certezze così forti. E non lo dico con ironia, lo penso davvero.
Perché sulla stragrande maggioranza degli argomenti su cui vedo molta gente esprimersi con così ferma, incrollabile sicurezza io un’opinione fatico tantissimo a farmela.
Non che sia tipo da ignavia o pigrizia ideologica, e anzi quando difendo un’idea lo faccio in modo pure troppo diretto, semplicemente spesso e volentieri fatico consapevolmente a mettere assieme tutti, dico tutti, i pezzi che mi servono per capire bene una vicenda e una situazione. Mi perdo nella complessità, nella sensazione che non sia proprio tutto come mi sembra di vederlo, nelle difficoltà di non valutare per partito preso, per tifo, per simpatia o affinità ideologica. E sì che, per il lavoro che faccio, una strada più semplice farebbe comodo eccome, ma forse è proprio la professione che mi spinge a farmi sempre un paio di domande in più.
E allora quasi ogni giorno vivo questo contrasto tra i muri di verità che media e social stimolano e il mio aggrottare la fronte e pensare che nessuna di quelle certezze così contrapposte racconti davvero la realtà che viviamo, o ne sia anche lentamente una soluzione. Il che, a volte, mi genera una sorta di senso di inadeguatezza al ruolo, oltre che estrema antipatia per chi questo sistema di presunte certezze assolute lo stimola, asseconda e sfrutta. Ma, per fortuna ho il calcio, e lì finalmente divento tifoso, cieco e appassionato, fedele e mai dubbioso: grazie Nicola Berti di avermi almeno fatto diventare interista!