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Riceviamo e pubblichiamo
Percorrendo i tracciati segnati dall’uso, il mio occhio, non troppo attento, percepisce alcune differenze con i ricordi della mia recente memoria.
Tra le diverse opere e manufatti che ricordavo aver lasciato, quali spontanee espressioni ed iniziative di chi vive e frequenta questi luoghi, non ne ritrovo alcune delle quali, peraltro avevo apprezzato alcuni spunti creativi. Trovo però delle conferme: manufatti che sono rimasti nella loro consistenza materiale, nonché nella loro utilizzazione da parte di chi ne può ancora godere.
Poi incontro gente, con il piacere di riconoscerci e di salutarci e, subito, mi fanno partecipe di racconti, commenti, giudizi. “Abbiamo dovuto demolire … giusto eh!! … ma ora?!!” – “Io ho demolito … mi è costato … non potevo fare altro…. ma altri non l’hanno fatto” – “A me hanno scritto … mi hanno preso la casa con il terreno …. e, si! Dicono che non ho demolito …. ma anche altri non l’hanno fatto e non gli hanno mica scritto! … la roba se la tengono”.
Tanta la confusione e faccio fatica a trovare un’unica decifrazione di ciò che mi viene raccontato.
In quello che sento percepisco la rassegnazione di chi ha dovuto rinunciare ai propri beni, dovuta non tanto alla rinuncia materiale ma alla percezione di una disparità di trattamento e, quindi, di una ingiustizia nascosta che non riescono a smascherare e dalla quale così non riescono a difendersi.
Eppure credono, si adoperano, desiderano ancora che ci sia un meglio, un giusto.
Allora, insieme a quella gente mi guardo attorno e ritrovo tutta la bellezza di quei luoghi, si! la bellezza di un paesaggio di cui fa parte integrante l’umanità di chi lo vive. Gente che vuole stare, essere lì perché appartiene a quel luogo; luogo che manifesta anche nelle sue incoerenze, incompatibilità, illegittimità, le necessità, le pretese, la difficoltà di capire della “gente di San Giorgio”.
Ed io mi sento di appartenere a quella gente tutte le volte che torno; chiunque percorre quel territorio guardando senza pregiudizi, con onestà intellettuale, ciò che lo circonda, diviene parte di quella gente.
Non si può non condividere l’entusiasmo e la speranza di poter dare risposte, di risolvere, di crescere insieme; non si può non accettare la mano di chiunque sia disposto ad impegnarsi , adoperandosi con le proprie capacità ed i propri mezzi a realizzare ciò in cui la “gente di San Giorgio” (eppur) continua a credere.
Me lo dicono che sanno che c’è chi crede che sia possibile, che sia reale, non un sogno o solo una promessa, poter vivere a San Giorgio, con dignità e rispetto dei luoghi e dell’umanità che vi appartiene.
Crediamo in quanti, svolgendo seriamente il loro lavoro, si stanno adoperando per dare risposte concrete, anche quando ciò comporta azioni impopolari, accuse di presunte scorrettezze. Ci crediamo perché sono le nostre istituzioni, sia quando vigilano e controllano, sia quando devono perseguire, sia quando lavorano per costruire percorsi e strumenti che diano soluzioni.
Ci crediamo perché sono persone con cui parliamo, a cui sveliamo le nostre preoccupazioni e le nostre speranze e ci ascoltano e condividono con noi quell’obiettivo comune risolutivo. Ci crediamo perché le loro risposte non sono promesse ma sono convinzioni di giustizia e correttezza del proprio operato, sono l’esercizio convinto del proprio dovere istituzionale che ci esprimono con entusiasmo personale. Non solo la “gente di San Giorgio”, ma l’intera comunità di Tarquinia ha bisogno di questo.
Paolo Lugni
Presidente del Consorzio Lottisti S. Giorgio
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