Riceviamo e pubblichiamo
Scrivo perché credo che per una volta vada levata alta la voce di chi questo Ente lo fa ogni giorno con il proprio impegno e la propria dedizione: i dipendenti tutti.
Mi rivolgo a questa assise che dovrebbe decidere le sorti di questo Ente, il mio, sì il mio perché è così che lo sento da sempre, che come tutti voi sapete ha davanti a sé anni difficili, di sacrifici, tagli, ma anche l’opportunità di rinascere, ridare a tutti, cittadini, famiglie, giovani, quella fiducia in un futuro (non troppo lontano) possibile e più giusto.
Un futuro per il quale pensavo tutti fossero disposti a fare sacrifici, per l’inizio di una ricostruzione verso un ente con orizzonti di sviluppo e di concretezza fuori da logiche di potere, che spazzasse via i privilegi di pochi, e investisse sulle risorse di questo territorio e per chi avesse il coraggio di volare alto.
Ho sempre deprecato la poca voglia di ascoltare di questa politica e dei personaggi che la rappresentano che ha solo creato fratture per rinascere, ogni volta, come l’araba fenice dalle proprie ceneri.
Un gioco che forse in questo momento non riesco a capire e a giustificare quando guardo a me alla mia famiglia e ai visi dei miei colleghi, al loro sgomento per cominciare a perdere la sicurezza che un ente dovrebbe garantire.
Parlo ora perché noi dipendenti dell’Università Agraria viviamo quotidianamente l’esperienza dell’impegno in un Ente che chiede per la sua natura interventi e capacità a tutto tondo; parlo ora per presentarvi l’idea dell’Università Agraria che vorremmo, tenendo conto di quanto il cosiddetto “mondo delle proprietà collettive ” sia complesso e variegato, fatto di tante realtà.
Ritengo che questo momento di crisi per l’Ente debba essere un’opportunità per la politica tutta di far rinascere e riconsegnare alla collettività non solo un’idea di politica “pulita” e capace, ma anche una speranza concreta di futuro, dove noi dipendenti e le nostre famiglie possiamo essere il centro di un sistema e non il contorno di un pasto troppo abbondante a cui la politica avvicina mani e bocca senza ritegno.
Ho la consapevolezza di quanto l’attuale situazione non sia facile, non solo dal punto di vista economico ma anche, e soprattutto, per quanto riguarda l’equilibrio politico. Ma politici che non capiscono il futuro non possono cambiare il presente.
Per questa ragione chiedo a tutti voi di vestire, anche solo per un momento, i nostri panni, in questi anni in cui abbiamo solo sentito parlare e visto giochi di segreterie politiche, politici gareggiare per i like di facebook e mucchi di menzogne e commenti sulla nostra capacità, forse un po’ rude, immediata ma fatta di impegno e presenza. Sapere di avere ragione non mi basta più, voglio soluzioni alle mie ragioni e a quelle di tutti i dipendenti di questo Ente.
Come dice Max Weber “Senza l’ambizione di risolvere i grandi problemi del mondo non si riuscirà a risolvere nemmeno i più modesti”. Per questo vi chiedo ora di assumere quest’ambizione con noi, inchiodando ognuno – la politica come i cittadini – alle proprie responsabilità e conseguenze delle proprie decisioni. Nei prossimi anni e mesi non basterà risolvere solo i conti di un Ente in difficoltà per rispondere in modo più adeguato alla crisi che stiamo attraversando.
Ciò che vorrei è che questo Consiglio non sia solo politico, non faccia solo il semplice gioco delle parti, ma sia espressione di una volontà di collaborare con noi, ridandoci la dignità che ci spetta e la speranza che ognuno dovrebbe sentire di avere dalla sua parte, vorrei finalmente risposte reali, efficaci rispetto a ciò che è stato fatto in questi ultimi mesi. Ho bisogno di risposte concrete che rispondano alle esigenze dei miei colleghi, per dare loro l’opportunità di continuare a credere in questo Ente, in questa politica e in ognuno di voi che deve oggi assumersi la responsabilità del nostro futuro.
“La conquista non è mai il risultato dell’impegno individuale. È sempre uno sforzo e un trionfo collettivo”. Nelson Mandela. Non sono certa che queste mie parole possano scuotere coscienze che fino ad oggi non hanno avuto il minimo interesse a un Ente e alle sue sorti, ma alzare la voce di chi lavora era un mio impegno morale al quale non potevo rinunciare.
Maria Bellucci
Dipendente Università Agraria di Tarquinia