Riceviamo e volentieri pubblichiamo, dall’Indonesia, una riflessione a distanza sulle elezioni a Tarquinia da un concittadino che vive a Jakarta, Fulvio Paracucchi.
Jakarta 26 Giugno 2017 – Ho appena visto il video dei momenti immediatamente successivi allo spoglio elettorale del ballottaggio tra Mencarini e Moscherini. Nel video traspare emozione, orgoglio, fiducia che riesce a raggiungere anche questi angoli remoti della terra. Molta gente, per Tarquinia moltissima, si è riversata in strada per salutare il neoeletto sindaco. Nelle loro facce si riconoscono chiaramente quei tre sentimenti: emozione per la vittoria, orgoglio del proprio voto, fiducia nella persona votata. Vedendo quel video, mi sfiora anche un po’ di invidia per non aver vissuto queste elezioni a contatto diretto con i personaggi che l’hanno animata. Credo che tutti possano ben confermare che Tarquinia non vedeva delle elezioni così sentite, da molto, troppo tempo. Da una parte a causa della scarsa fiducia nella politica e nelle istituzioni ai livelli nazionali, ma dall’altra, anche in quella politica nostrana che ultimamente si era interessata a farsi bella, ma disinteressata a rendere bello il nostro paese.
Quest’anno invece l’aria era diversa, probabilmente anche per la potenza mediatica dei social network, a cui nessuno può contrapporsi, soprattutto il nostro sindaco uscente che decisamente è stato quello che ne ha più sofferto, ricevendo sonore mazzate a destra e a manca, da amici e nemici, portando a fondo anche il neo candidato Anselmo Ranucci. Il loro partito, che da 10 anni nel bene o nel male era al governo, non ha saputo portare un programma degno di potersi così chiamare, ma è caduto nella trappola dei propri avversari, perdendo tempo a difendersi dalle frecciatine che quotidianamente riceveva e che prontamente tentava di replicare, con risultati ancor più disastrosi.
Quest’anno l’aria era diversa perché il partito del M5S aveva un rappresentante competente come il professor Cesarini, che ha presentato il programma elettorale più dettagliato ed interessante di tutta la campagna, ma purtroppo ne ha risentito non solo del peso mediatico degli altri candidati ma anche dell’eco dei suoi rappresentanti a livello nazionale che si stanno rendendo simpatici a pochi.
Quest’anno l’aria era diversa perché se il sindaco si fosse scelto dopo il faccia a faccia avuto in tv con i rappresentanti degli altri partiti durante l’accesa campagna elettorale, la candidata sindaco per Una primavera per Tarquinia, Isabella Alessandrucci, avrebbe indubbiamente vinto, sbaragliando tutti i suoi avversari politici, sicuramente più navigati, ma decisamente meno grammaticalmente corretti. Ma le battaglie elettorali non si vincono a colpi di grammatica ed Una primavera per Tarquinia non ha saputo improntare una sua identità di partito che potesse convincere gli elettori.
Quest’anno l’aria era diversa perché Renato Bacciardi aveva presentato dei candidati con un grado di competenza elevatissimo in ogni settore, forse la squadra più completa in ogni reparto. In termini calcistici un’Olanda “Cruiffiana”, che alla fine si è dimostrata proprio così: bella da vedere ma poco concreta nei risultati. La lista civica di Bacciardi non ha inciso con il suo scarno programma elettorale, lasciandosi dietro un vuoto che il 25 giugno l’ha punita senza pietà.
Quest’anno l’aria era diversa anche perché Tarquinia ha vissuto una ventata di folcloristica campagna pseudo-berlusconiana regalataci dallo cosiddetto Gianni “lo straniero” Moscherini, che è riuscito a portare personaggi di un “certo calibro”, allietando le giornate e le serate tarquiniesi. Ma sicuramente è anche riuscito a fare una discreta breccia nei cuori dei nostri compaesani, facendo perno anche sulle sue promesse faraoniche e sorprendendo tutti con l’arrivo al ballottaggio.
Soprattutto quest’anno l’aria è stata diversa perché né l’esuberanza di Mazzola/Ranucci, né il programma ben strutturato del M5S, né la fine grammatica della Alessandrucci, né l’Olanda di Bacciardi, né gli esimi personaggi ed i progetti faraonici di Moscherini hanno potuto fare niente contro i sentimenti di emozione, orgoglio e fiducia portati da Mencarini. Lui è stato uno dei protagonisti indiscussi di queste elezioni e, con la sua scesa in campo in extremis, è stato il deus ex machina del proprio partito. Ha rappresentato ed unito sotto il suo mantello di semplicità e pacatezza una squadra destrorsa ma piuttosto varia, con persone che dovranno mettere a disposizione le loro competenze e capacità.
Ora non rimane altro che rimboccarsi le maniche e dimostrare che quelle emozioni, quell’orgoglio e quella fiducia, trasportati sfruttando il vento dei social network fin nella capitale giavanese, si possano convertire in fatti ed azioni che portino del bene a Tarquinia. Perché alla fine ce lo meritiamo.
Fulvio Paracucchi