di Stefano Tienforti
Che la faccenda arsenico avrebbe fatto alzare il tono delle polemiche lo si sapeva. Scattata la fatidica data, è partita una bagarre dietro cui, politicamente, fa comodo nascondersi un po’ a tutti, ognuno per un motivo diverso.
Fa comodo ai giornali, che escono con titoli ad effetto, continuano a parlare di “emergenza” (ma emergenza di che, sono anni che si sa che al 31/12/12 sarebbe scaduta la proroga…) e a lanciare un allarme che, semmai, è vivo da mesi, già che i valori odierni non sono affatto diversi da quelli di qualche mese o settimana fa, quando sulle locandine fuori dalle edicole nessuno faceva titoli cubitali sulla vicenda.
Fa comodo all’opposizione, che improvvisamente – e comunque a scoppio ritardato, una volta smaltiti i postumi del Capodanno – esce con dichiarazioni su un argomento di cui, in molti, si son ben guardati del parlare per anni. È la strategia della cronaca d’impatto: certi personaggi, a Tarquinia, li senti parlare solo quando si vota, quando c’è una “emergenza” (o presunta tale) o quando si parla di aprire un campo nomadi in città.
Fa comodo al populismo, che può dire ora tutto e il contrario di tutto, magari anche qualche cazzata, così che l’amministrazione possa pure provare legittimamente a girare la frittata e parlare di disinformazione, ignoranza e superficialità.
Fa comodo – e, a giudicare dal gusto con cui si stanno sfogando su facebook, forse fa anche piacere – ai litiganti del Pd e del centrosinistra in generale, che si scannano a vicenda sui social network dimostrando ancora una volta come le amministrazioni cittadine ormai siano faccende personali – fatte di giochi di forza e rapporti tra personaggi – del tutto scollegate da programmi, progetti e intese di partito e coalizione. Figurarsi dall’interesse collettivo.
Fa comodo, naturalmente, al sindaco, che più si parla a sproposito e più si fa “caciara” sul tema più può difendersi sul campo dei comunicati, delle contraddizioni, del “chi urla prima e di più, urla due volte”.
Fa comodo a tutti, insomma, tranne che ai cittadini: molti dei quali, della questione, ancora non sono stati bene informati e hanno dovuto provvedere da soli a capire bene cosa succedesse e cosa fare di conseguenza. Alcuni dei quali, se gestori di attività, hanno dovuto mettere mano al portafogli e pagare in proprio un impianto di dearsenificazione per la propria attività: perché il Comune che manda loro l’acqua può permettersi di dire “il dearsenificatore lo doveva fare e pagare la Regione”. Ma loro – i gestori – con i clienti o in caso di sopralluoghi, non potevano e non possono certo usare questa giustificazione.