di Luciano Marziano
Un usurato luogo comune vuole che i beni culturali in Italia ammontino al 60-70 per cento del patrimonio mondiale. È una leggenda metropolitana ripetuta come un mantra perché non basata su elementi oggettivi quali la mancanza di un catalogo universale dei beni culturali sia a livello nazionale che a livello mondiale tali da costituirsi quali parametri di riferimento. Altra anomalia è quella di assimilare i beni culturali al petrolio condannandoli a un destino di consumo e perdita definitiva come è caratteristica del minerale di riferimento frutto, peraltro, di attività estrattiva. Per non dire della subordinazione a malintese istanze del consumo massificato di un turismo di transito dalle deleterie ricadute sulla salvaguardia e conservazione dei beni.
Nonostante proclami altisonanti, si deve, purtroppo, rilevare come l’Amministrazione dei Beni culturali, in Italia, goda di scarsa considerazione che ha palesi riscontri nella pochezza di assegnazione, rispetto ad altri Dicasteri, delle risorse economiche che ammontano a percentuali dello zero e qualcosa, nonché nei Ministri che si sono succeduti . Un capitolo questo di memorabile insipienza legato a personaggi come Vernola, Antoniozzi, Gullotti, Facchiano, Bono Parrino protagonista di un’epocale e risibile intervista rilasciata a Paolo Guzzanti infarcita di borzette (sic) e pier (sic) sospinto, fino ad un ultimo e frastornato Galan. Ma forse occorre richiamare una generalizzata distrazione della cosiddetta opinione pubblica che consente cotali deficit impensabili in altri settori. Si pensi alle reattività dinanzi a chiusure di stabilimenti industriali, agli interventi sul territorio che possono anche pervenire manifestazioni ai limiti della illegalità come accade per la pur comprensibile reazione per il passante ferroviario TAV in Valsusa.
In ogni caso, è fuori di dubbio che il patrimonio culturale italiano è esteso, ramificato. Una estensione che non potendo essere adeguatamente vigilata e, di conseguenza, salvaguardata, si presta alle sciagurate sottrazioni illegali messe in atto da individui che avendo quale primario scopo il profitto, operano con ogni mezzo provocando profondi disastri poiché, specie in ambito archeologico, la sottrazione conseguita con scavi disinvolti e con mezzi invasivi (picconi, scavatrici ecc.) oltre alla perdita dell’oggetto sconvolge e annulla quella che, in fondo, è la primaria funzione delle ricerche archeologiche cioè la testimonianza del contesto ambientale quale primaria fonte di conoscenza storico-culturale. I protagonisti di questa aggressione costituiscono un circuito omertoso di scavatori, i cosiddetti tombaroli, mediatori, mercanti, gallerie, musei, collezionisti privati che, generalmente, hanno sede all’estero con predominanza dell’America e del Giappone.
Della pratica dello scavo e della sottrazione, peraltro, fenomeno ricorrente da sempre, Fabio Isman riferisce in un recente libro che porta l’allarmante titolo I predatori dell’arte perduta con sottotitolo Il saccheggio dell’archeologia in Italia , analizzando il fenomeno come si è manifestato a partire dagli anni novanta del secolo scorso. È una ricerca minuziosa, supportata da una vasta documentazione che, oltre al quadro generale, riferisce su vicende, trasferimenti, recuperi da parte dello Stato italiano (può anche succedere!) di opere e oggetti già entrati nel contesto espositivo di taluni Musei come l’americano Getty Museum di Malibu. L’autore tiene ad evidenziare l’abnegazione dei tanti Soprintendenti che si adoperano, pur nei limiti delle risorse sia umane che economiche a loro diposizione, a salvaguardare i beni culturali italiani. Una funzione importante per sensibilità e alta professionalità è quella messa in atto dai Carabinieri del Comando per la tutela del patrimonio culturale. A questi guardiani della cultura e dell’arte fanno da contraltare le figure delinquenziali di mediatori come Medici, Becchina, Casasanta e l’inattesa presenza di tale Mr Tempelsman, ultimo compagno di Jacquelin Kennedy, nonché le varie case d’asta alcune prestigiose quali Christie’s o Sotheby’s.
Ma qual è il livello e destino oggi della grande razzia? Mentre Giuseppe De Rita che firma la prefazione al testo manifesta un certo ottimismo, Isman avanza dei dubbi che abbia a scemare. E si spera ardentemente che così non sia.