di Pino Moroni
Una storia deliziosa, come le sanno raccontare solo i francesi, con intelligenza, eleganza, bravura. Una storia metafantastica sulla vita, l’amore, il passato, il presente, la realtà ed il sogno. E soprattutto un metafilm (il cinema sul cinema) in cui, dentro scenografie cinematografiche, comparse e trucchi di scena, dialoghi imparati a memoria e colonne sonore di grandi successi (I am a believer, Me and Bobby Mcgee, tanghi e classica) chiunque può tornare indietro nel tempo per rivivere il momento più bello e felice della sua vita (la sua ‘belle epoque’).
E’ quello che succede al sessantenne Victor (Danieul Auteuil) da giovane illustratori di libri, poi disegnatore e vignettista, ora senza lavoro per chiusura del suo giornale. Victor è depresso, si sente vecchio e sorpassato. E’ sposato da 40 anni con Marianne (Fanny Ardant), una psicanalista che non vuole invecchiare, immersa nel mondo social e digitale. Ormai i due non riescono più a capirsi e Marianne mette il marito alla porta accusandolo di pigrizia (prima l’azione è il suo slogan), di odiare il prossimo ed ogni progresso. Victor ancora più depresso va a vivere nel monolocale di un amico, l’amante nascosto di sua moglie, mentre questi si trasferisce a casa sua (tipica pochade francese). I due hanno un figlio, produttore web, che propone al padre di lavorare con lui per una serie di animazione. Ma Victor rifiuta perché non ha più voglia di disegnare.
Ed ecco il deus ex machina della svolta del film, Antoine (Guillaume Canet) l’inventore geniale di “Viaggi nel tempo” (la nostalgia è il business del futuro è il suo slogan), un produttore regista con teatri di posa, che soddisfa a pagamento i desideri di chi vuole viaggiare nel tempo per ricreare momenti felici della sua esistenza. Amico d’infanzia del figlio di Victor, ammiratore e debitore di momenti importanti vissuti nella loro casa, Antoine si impegna a risollevare il morale del padre del suo amico.
Victor accetta il regalo del figlio di vivere una ricostruzione storica, realizzata negli studi di Antoine, sul momento (16 maggio 1976) e sul luogo (un quartiere di Lione), dove aveva incontrato la moglie la prima volta. Victor potrà così ritornare, con una operazione nostalgia, a rivivere i suoi giovanili anni ’70, nel suo bar “La belle epoque”, le sue feste hippy ed il primo incontro con la provocante, sfacciata, rossa, ragazza di Lione, Marianne. “Gli anni ’70 quando tutto era più semplice, c’erano la destra e la sinistra, i ricchi e i poveri, e le persone si guardavano negli occhi quando andavano a cena.” – dice Victor per aiutare la rappresentazione.
Due bellissime idee del misconosciuto sceneggiatore-regista francese Nicolas Bedos. La prima è che la ragazza che interpreta Marianne nella ricostruzione in studio è la donna che ama il geloso creatore della fiction (Doria Tillier), della quale si innamorerà, per trasposizione, anche Victor. La seconda è che, malgrado tutta una serie di equivoci ed imprevisti, Victor tornerà con piacere a disegnare: sia la storyboard, elemento essenziale della sceneggiatura della nuova storia d’amore, che a dispetto di tutti farà continuare, sia la serie animata del web del figlio.
I momenti migliori di questo film da vedere sono le numerose invenzioni sul dentro e fuori scena, sui numerosi personaggi con vestiti vintage (sui quali emerge la magnifica recitazione del vecchio attore Pierre Arditi), che guidati all’auricolare da Antoine dimenticano, si confondono e rivelano continuamente a Victor che non sta vivendo né realtà né finzione. Altro pregio del film le scenografie di ottimo livello, riprese da una fotografia omogenea (e non è da poco considerando i dentro e i fuori della rappresentazione) che rende la tecnica della messa in scena (mise en scene o regia) molto professionale, mentre il fine tessuto di alternanza tra reale e fittizio rendono il film inusuale per la media attuale.