(s.t.) Ricevo e volentieri pubblico questo sfogo di Fabrizio Ercolani, ragazzo e corrispondente che stimo per la correttezza, la lealtà, la schiettezza, la trasparenza e la determinazione con cui riveste – per pura passione personale ed al di fuori di ogni più o meno nascosta ambizione politica – un ruolo scomodo e certo magro di soddisfazione personali qual è quello di corrispondente di un giornale locale.
Da diverse settimane in città si respira un’aria diversa, un vento che di novità porta con sé ben poco. Sarà che è oramai iniziata una nuova campagna elettorale, ma tutte quelle negatività fatte da invidie e rivalse personali che per mesi erano rimaste chiuse in quel vaso sono esplose. Ma chi è stato a sollevare quel coperchio, chi è Pandora nella nostra città? Non sta a me dare risposte, ma mi preme sottolineare come questa esplosione abbia fatto perdere di vista valori come l’educazione e il rispetto anche all’interno della categoria dei così chiamati corrispondenti locali, o più semplicemente giornalisti. Non è mio stile e non appartiene al mio carattere risolvere problemi personali utilizzando la carta stampata, ma questa volta è stato superato il limite.
Mi rivolgo a Diletta Alessandrelli, da poco entrata nella succitata categoria. Esiste una deontologia professionale per la quale è buona norma non ridicolizzare il lavoro altrui, né mettere in dubbio la credibilità dei colleghi. Queste regole sono state completamente violate nell’articolo dal titolo “Tarquinia Viva ha preso il posto dell’assessorato al turismo”, apparso nell’edizione di Martedì 25 gennaio su “L’Opinione”, in cui la signora Alessandrelli, riprendendo un mio articolo apparso sul Corriere di Viterbo, denigrava il mio lavoro mettendo in dubbio anche la veridicità delle affermazioni.
Prima precisazione: l’articolo si basava su uno scarno comunicato al quale ho aggiunto di mio pugno un bilancio delle iniziative natalizie. Per suffragare alcune tesi ho riportato i commenti dei cittadini presi il 24 dicembre all’uscita della Casa di Babbo Natale.
Secondo: non mi sono mai permesso di dare giudizi sullo stile utilizzato dai colleghi. Usare termini come “mille giochi di parole”o “ridondanti autocompiacimenti” denota una scarsa umiltà ed un’incetta di presunzione. Io ho sempre rispettato il lavoro dei miei colleghi, apprezzandone lo stile e la capacità critica e cercando di rubare i trucchi del mestiere.
Terzo: un buon corrispondente dovrebbe fare cronaca lasciando da parte opinioni personali, antipatie o simpatie. Purtroppo capisco che è difficile limitarsi a fare il compitino, ma nel gioco dei ruoli che la professione impone bisognerebbe riuscire a discernere la fede politica con l’obiettività; ne va della credibilità personale. Poi è bene anche vagliare le cosiddette soffiate che il politico di turno vuole fare; molto spesso il giornalista è uno strumento per chi vuole che emergano fatti che non si ha il coraggio di dire in prima persona. Sta all’intelligenza e alla personalità dei corrispondenti evitare che ciò accada.
Quarto: quando la signora Alessandrelli parla di “si vuole attribuire ai cittadini”, vuole farmi passare da bugiardo, poco professionale o, per usare un’espressione molto cara alla sua parte politica di appartenenza, da “coglione”. Io “coglione” non mi ci sento, così come non credo ci si sentano anche tutti gli altri corrispondenti che per anni hanno portato avanti questo lavoro con serietà e professionalità. Talvolta la gavetta eviterebbe di assumere tali comportamenti. Non sta a me esprimere giudizi sul mio operato, le critiche le accetto e lo ho sempre accettate. Quello che non sopporto è che venga messo in ridicolo il mio lavoro. Scusate lo sfogo, ma quando il vaso di Pandora è esploso è bene tentare di richiuderlo subito.
Fabrizio Ercolani