di Anna Alfieri
È nelle librerie un volume tutto dedicato alla spedizione dei Mille che noi Tarquiniesi dovremmo leggere con particolare attenzione. Si tratta di un libro la cui copertina è connotata dalla figura di un severo Garibaldi che a braccia conserte sembra fissare negli occhi il lettore e da un molto defilato Vittorio Emanuele che, invece, guarda distrattamente altrove. Il tutto su un cartoncino color ocra apparentemente banale. Eppure in questo libro, intitolato Camicie Rosse Storie Nere, nulla è banale, anzi, tutto è colorato a tinte forti, perché al rosso squillante della camicie garibaldine e al nero cupissimo delle storie raccontate, si aggiunge il giallo inquieto delle indagini poliziesche, degli omicidi da risolvere e delle congiure da sventare lungo tutte le strade che dallo scoglio di Quarto arrivano nel cuore, anzi – come direbbe Matilde Serao – nel “ventre” di Napoli. Materia oscura, delicatissima e fantasiosa nella quale si cimentano, in tredici sfrenati racconti, tredici giallisti italiani, sostenuti a distanza da Andrea Camilleri che, sornionamente, intravede nell’agente Catarella del Commissariato di Vigata il tipo umano che, nel 1860, avrebbe indossato con sereno slancio la camicia rossa e che, a suo modo, alla fine si sarebbe comportato da eroe.
Tutto, nel libro, ha inizio quando l’impresa dei Mille finalmente finisce, cioè nel preciso giorno in cui Garibaldi, invece di partecipare alla gioia dei vincitori, s’imbarca sulla nave Washington e si dilegua alla volta di Caprera lasciando Napoli in mano ai suoi amici più fidati: da Nino Bixio a Francesco Crispi, da Giacomo Medici al generale Sirtori, dal “pratico” Liborio Romano fino a poco tempo prima ministro di Francesco II di Borbone, al fedelissimo Stefano Turr, ex-ufficiale austroungarico ed ora capo del Quartiere generale di Garibaldi. Il libro vuole che tutti questi Garibaldini di provata fede, il 9 novembre 1860, giorno della partenza di Garibaldi per Caprera, si trovassero a cena all’Albergo d’Inghilterra di Napoli, insieme al romanziere Alexandre Dumas che aveva seguito la loro epopea dal suo yacht Emma e ad alcuni giornalisti della stampa internazionale tra i quali Friedrich Engels (sì, proprio quello della premiata ditta ideologica Marx&Engels, ndr) inviato dal quotidiano americano New York-Daily Tribune e varie signore al loro seguito.
Alle otto di sera all’Albergo d’Inghilterra tutto è ormai pronto e i cristalli, le porcellane, gli argenti già brillano sulla tavola apparecchiata. Sorprendentemente, però, manca Stefano Turr, l’ungherese. Manca perché nel più sordido vicolo di Napoli è stato trovato un Garibaldino ucciso, non certamente in una battaglia in campo aperto, e Turr deve capire cosa sia veramente successo e perché. Ma qui mi fermo, giacché non è lecito svelare i segreti nascosti tra le pagine di un libro giallo. Al contrario, è proprio a questo punto che i convitati della grande cena, loro sì, cominciano a parlare e molto, confidandosi inconfessabili segreti garibaldini in tredici deliranti racconti dove tutto quello che è vero sembra falso e tutto quello che appare falso invece è vero. Dove tutto è, forse, inventato e dove la Storia con la S maiuscola non sembra più la stessa. Perciò ricomincio anch’io a parlare e confermo che i Tarquiniesi dovrebbero leggere questo libro irriverente, perché tra gli autori dei racconti emergono due instancabili scrittori che abitano nel cuore antico della nostra città: Luigi De Pascalis che vive dietro San Pancrazio nella torre che fu del Cardinal Castellesi e Giacomo E. Carretto che risiede a Zinghereria, non lontano dalla Chiesa di San Martino. De Pascalis è l’autore del racconto che fa da filo conduttore a tutto il libro e segue passo per passo la cangiante e melmosa indagine di Turr nell’abissale cuore nero di Napoli. Carretto, invece, s’immerge totalmente nella profonda Corneto dialettale del 1860, narrando una vicenda – “quasi” vera, lo giuro! – accaduta nel nostro paese che, a suo dire, “non era e non poteva essere un posto tranquillo perché in tempi d’attesa e d’incertezza la sua stessa posizione geografica ne faceva un luogo dove si verificavano incontri, a volte scontri, ideologici e materiali”. E dove potevano accadere delitti così orrendi da richiedere in paese la presenza di Mastro Titta, boia pontificio al tempo di Pio IX felicemente regnante.
Camicie Rosse Storie Nere, tredici giallisti per mille garibaldini,
a cura di Luigi De Pascalis e Luigi Sanvito, con un contributo di Andrea Camilleri.Autori: Ben Pastor, Giulio Leoni, Leonardo Gori, Diana Lama, Luigi De Pascalis, Nicola Verde, Divier Nelli, Massimo Mongai, Dario Falleti, Roberto Ricciardi, Errico Passaro, Simona Carloppi, Giacomo E, Carretto.
Editore: Hobby & Work, 2011.
Il volume sarà presentato a Tarquinia, nell’ambito di Book&Wine, sabato prossimo, 16 aprile, alle ore 17 e 30, presso Palazzo Vipereschi, in via Garibaldi, sede dell’Università Agraria di Tarquinia