di Leo Abbate
Gentili lettori, in una fase del Memorial ancora interlocutoria, ho ritenuto giusto sostituire il solito commento con un omaggio ad una categoria troppo spesso (e con troppa facilità) usata come capro espiatorio e come alibi e troppo poco rispettata: quella dei portieri.
Scusate la presunzione e accettatelo così come mi è venuto.
UN UOMO SOLO.
Il portiere è un uomo solo.
Vestito in modo diverso, gioca
In una zona del campo dove non
c’è nessuno e solo il battito
del suo cuore gli fa da compagno.
Il portiere è un uomo solo.
I suoi occhi fissano l’orizzonte
per così tanto tempo che rimangono
per sempre lontani da ogni cosa
su cui volge lo sguardo.
E le sue mani non lo conoscono.
Il suo gesto atletico è un lampo,
di solitudine e di rabbia.Il portiere è un uomo solo.
Il suo nemico, è una sfera in perpetuo
sfrecciare, che ride alle sue spalle.
Il portiere è un uomo solo.
Ma la tristezza non lo sconfigge.
Il freddo lo rispetta, il sole lo solleva
da terra e lo fa sembrare eterno.
La gloria non lo dimentica,
la grandezza non lo abbandona,
la vittoria, non lo confonde
e lo rende indifferente,
alla solitudine e al dolore