di Attilio Rosati
Nessuno pensava di vederla arrivare, oramai, ma quando i tre alberi della lurida e consunta goletta del pirata ferirono la linea dell’orizzonte, il fasciame sfregiato dai segni di 13 anni di agguati e di tempeste tropicali, allora sulla banchina del porto il rumore dei ganci di ferro, il tintinnio di monete, le grida dei mozzi si tacquero, come soffocati da una mano invisibile.
Con l’avanzare della prora sulle onde argentee di spuma, si poteva scorgere il pallore della ciurma, il colore della stanchezza e della fame, i solchi dei volti rigati dal sudore e dal sale, la voglia di risorgere e di vincere. Fu un attimo, ed il suono degli stivali di quelle iene del mare risuonò come un lugubre giudizio universale sul solido manto della terraferma.
Cavernosa, la voce del pirata prometteva che le donne ed i bambini sarebbero stati risparmiati, ma nessuno avrebbe dovuto far ombra alla sua strada. I pochi uomini ancor in animo di affrontare la morte serrarono i ranghi, i bagliori delle spade danzavano sui muri delle case e annunciavano la fine oramai prossima.
Quando gli sguardi degli intrusori incrociarono il viso teso dei pescatori e delle madri, come se tutti i misteri del mondo potessero esser disvelati quello stesso giorno, tutto fu chiaro. Gli ostili e gli indomiti i pavidi e i prudenti, capirono. Videro nello sguardo di Jack, una cupidigia antica che non era bramosia di ricchezza o di sangue, ma bisogno di giustizia e di riscatto.
Sparrow voleva scrivere il suo nome sulla Pietra della Grandezza e della Verità, doveva pagare un debito nei confronti di quegli uomini che lo avevano seguito fino alle bocche di Bonifacio e giù ancora fino ai confini fra il mare ed il ghiaccio; Sparrow doveva confortare le madri di quella feccia della filibusta, pianta per morta e scomparsa fra le onde di chissà quale mare, Sparrow doveva regalare a quelle madri l’immortalità per i propri figli. E l’immortalità è il ricordo della grandezza e della forza.
Allora si apri un varco fra tutti i corpi e quella miserabile genìa di vagabondi del mare, passò. Più niente da combattere, solo la passione e l’umiltà. Un solo destino da vivere. Quello dei vincitori.
Da Leo Abbate, alias Attilio Rosati, a Gabriele Piva,
con grande affetto.