di Stefano Tienforti
“È stata una sorpresa bellissima, ancora ricordo la chiamata: una soddisfazione enorme”: Hassan Ismael Gaafar, 21enne chef al fianco di Tiziana Favi nella cucina di Namo Ristobottega, a Tarquinia, è da qualche giorno uno dei Cuochi dell’Alleanza Slow Food.
Un riconoscimento prestigioso, per Hassan, che circa sette anni e mezzo fa ha lasciato l’Egitto su un barcone per raggiungere l’Italia. E trovare qua la sua strada, intraprendendo un percorso che oggi tocca una tappa importante, ma non conclusiva. “Perché ho le idee chiare e un obiettivo: – racconta Hassan – tornare in Egitto, aprire un ristorante che porti al mio paese l’esperienza e la cultura che sto scoprendo qui in Italia e provare a cambiare qualcosa lì da me”.
Una chioma riccia di capelli nerissimi e il sorriso sempre pronto, Hassan si è fatto letteralmente adottare da Tarquinia, dove è diventato figlio e fratello di tante persone. “E un po’ è il figlio maschio che non abbiamo avuto”, confermano infatti Tiziana e Marcello, cioè la famiglia di Namo, dove Hassan è entrato in cucina tre anni fa.
“All’inizio aiutava nelle preparazioni, ma non stava ai fornelli. – ricorda Tiziana – Si vedeva che aveva voglia di imparare, ma non era invadente, guardava da lontano. Infatti, quando in una situazione un po’ di emergenza ha fatto il passo avanti, aveva scoperto già tutto, anche solo con gli occhi. In quel momento mi si è accesa la lampadina, ho capito che amava davvero questo lavoro e da lì ho iniziato a condividere con lui tutto quanto: conosce materie prime, menu, idee, ricette. Nemmeno serve più che gli spieghi nulla, anzi spesso è lui che mette il valore aggiunto, magari aggiungendo una spezia”.
“La cucina? È stata una passione da sempre. – ricorda Hassan – Considera che da piccolo, quando mia madre e mio padre andavano a lavoro, io a casa facevo tutto, dalle pulizie al mangiare, per cui già allora cucinavo sempre. Poi tutto è arrivato così, al momento, quasi all’improvviso, e nemmeno avevo mai pensato che questo potesse essere davvero il mio lavoro. Poi, qui da Tiziana, ho visto tante cose, ho imparato tanto e cambiando menu così spesso l’ho fatto anche più in fretta!”.
“Questa voglia di fare, di imparare e di lavorare non l’ho trovata in nessun altro. – continua Tiziana – In fondo, lui e io siamo cresciuti assieme, perché io prendo da lui esattamente come lui prende da me: per questo ho trovato giusto che potesse fare la domanda per diventare cuoco dell’alleanza. Anzi l’ho fatta io per lui, senza nemmeno dirglielo: ma quando l’ha saputo è stato super felice”.
“Non crediate che sia solo passione – sottolinea Marcello – è proprio il tipo di persona. Innanzitutto molto ben educata, intelligente, con un suo carattere importante e con un grandissimo senso di responsabilità. Per questo, ora parliamo di cucina, ma sono certo che in qualsiasi altra professione sarebbe uguale. Per darvi un’idea: Hassan non sbaglia un verbo, e non è facilissimo per un ragazzo egiziano qui da soli sette anni! A volte, davvero, non riesco a fargli capire il senso di gratitudine che proviamo, perché non c’è un modo reale per trasmetterglielo”.
Ventuno anni e una maturità che sta stretta alla carta d’identità, frutto delle vicende di una vita in certi momenti veramente dura. “La decisione di venire in Italia è stata abbastanza istintiva e improvvisa. – ricorda – Dopo aver perso mio fratello, in casa era veramente difficile: facevamo la fame e lì ho sentito che avevo bisogno di provare a cambiare qualcosa. Così, era il 2013, un amico mi arriva e mi dice: Hassan, andiamo in Italia. L’ho detto a mia mamma, non era d’accordo, ha pianto, ma le ho spiegato che volevo provare per sistemare i debiti e aiutare casa. Ora che sono qua, però, sento che è qualcosa in più: sono felice di contribuire ad aiutare i miei, ma lo stimolo forte è quello di tornare, un giorno, con questo bagaglio di esperienze e provare a cambiare le cose anche lì”.
Il viaggio dall’Egitto all’Italia di un ragazzo allora tredicenne è durato quindici giorni su un barcone. “Il primo ricordo, arrivato a Pozzallo, in Sicilia, è la chiamata che ho fatto a casa: mi credevano disperso in mare, e mio padre al telefono, sentendomi, non riuscì a dire una parola, parlai solo io”. Poi i flash, belli, dell’umanità delle persone in Italia, dal timballo di anelletti siciliani della signora Pina all’accoglienza nella casa famiglia dove ha completato la terza media e iniziato le superiori.
“Dopo un paio d’anni ho visto che crescevo, avevo voglia di lavorare e ho deciso di partire. – continua il racconto – Tutti mi parlavano di Roma come un posto con tanto lavoro e possibilità di guadagnare. E a me serviva, per aiutare casa. Così sono salito e dopo esser stato tre giorni a casa di un mio cugino, sono finito in un centro a Santa Maria del Soccorso. È lì che ho conosciuto Cesare della casa famiglia Harlock ed è così che sono finito a Tarquinia dove, dopo varie esperienze, ho conosciuto Tiziana e Marcello. E da lì inizia la mia storia vera”.
Insomma, nel mondo del kilometro zero, uno chef a kilometri 3.000! “Il salto sul modo di cucinare che abbiamo fatto oggi nasce dalla sua cultura: – le parole di Tiziana – l’introduzione delle spezie, il tentativo con alcuni abbinamenti nasce dal suo bagaglio culturale. La nostra clientela ama sperimentare e con lui c’è terreno fertile. Ora pensiamo di inserire, in ogni menu, un piatto egiziano, magari rivisitato. Anche perché fisicamente sua mamma ci manda delle ottime spezie dall’Egitto”.
Tra sogni e speranze, insomma, il percorso continua, alla scoperta della tipicità italiana e della Tuscia per intrecciarla con la tradizione, quasi il DNA egiziano. “Qui con Tiziana sto scoprendo tante cose, assaggiando di tutto. Ho iniziato con il pesce, anche se a me non piace, ma in cucina bisogna assaggiare tutto. Tranne una cosa, su cui non posso cedere: non assaggio né assaggerò il maiale!”