Alla fine, il colpo di scena arriva con la soluzione meno “nera”: Gabriel Farkas, il trentaduenne metalmeccanico romeno protagonista del giallo di Sant’Agostino, non è stato ucciso, ma è morto per cause naturali.
Nessuno strangolamento, nessun veleno: i risultati di autopsia ed analisi effettuate dall’ istituto di medicina legale del Verano portano alla conclusione della morte per un non precisato malore, smentendo ipotesi e congetture che avevano caratterizzato i giorni subito successivi al ritrovamento del corpo, rinvenuto da alcuni cacciatori nel bel mezzo di un campo in località Sant’Agostino, a Tarquinia.
L’assenza di tracce di lesioni porta ad escludere ogni possibilità di colluttazione con un ipotetico aggressore, ed anche i segni sul collo del ragazzo sarebbero dovuti alla posizione assunta dal cadavere dopo l’avvenuta morte e resi ancor più evidenti dall’avanzato stato di decomposizione dello stesso.
Per quanto riguarda la frattura dell’osso del collo, invece – non rinvenuta in occasione della prima ispezione esterna da parte del medico legale, ma solo in sede d’autopsia – sarebbe, secondo gli inquirenti, avvenuta durante il trasporto del cadavere da Sant’Agostino all’ospedale di Civitavecchia.
Resta, come è logico, qualche punto interrogativo su una vicenda comunque strana: cosa stava facendo Farkas in quel luogo impervio? Che fine hanno fatto i suoi indumenti, il cellulare ed il portatile? Ha provato a liberarsene? Era solo o qualcun altro, poi scappato, ha assistito al decesso?
Nel frattempo, ad ogni modo, la salma del giovane è stata restituita ai familiari, che potranno provvedere alla sepoltura; dalla procura non è stata, invece, autorizzata la cremazione, in caso di future, ulteriori necessità d’indagine della magistratura.