di Attilio Rosati
Nasce e muore nello stesso giorno, il 6 aprile (1483 la nascita, 1520, il giorno di venerdì santo, a soli trentasette anni, la morte) e ciò contribuisce a creare attorno a questo genio, patrimonio di tutta l’umanità, un’aura di divino ed esoterico. Ne ricorre quest’anno il cinquecentesimo della scomparsa.
Il biglietto da visita che lo presentò al mondo suscitando ammirazione e invidia, fu lo Sposalizio della Vergine, oggi custodito nella Pinacoteca di Brera, dipinto all’età di soli diciassette anni.
La sua morte, oltre che prematura appare ancora oggi un “Cold Case” un probabile omicidio irrisolto non che un mistero coperto da superficialità e forse anche dalla troppa costernazione che ebbe a impedire opportuni quanto doverosi approfondimenti. L’apparente causa del decesso del maestro Raffaello Sanzio, fu una persistente e maligna febbre che si definì dovuta a eccessi amorosi, niente meno. Sentite come descrisse la cagione della sua morte Giorgio Vasari, che ne fu devoto amico: “Era una persona molto amorosa affezionata alle donne, e ai diletti carnali, faceva una vita sessuale molto disordinata e fuori modo, dopo aver disordinato più del solito, tornò a casa con la febbre…”
Pochi sanno che Papa Giulio II lo nominò Prefetto alle antichità e che in tal ruolo fu proprio lui a gettare le basi della moderna scienza della conservazione e del restauro delle opere e vestigia antiche. Eccelleva in ogni cosa e per ciò fu amato e parimenti odiato. In special modo, a quanto pare, da un certo Sebastiano del Piombo, di lui assai meno dotato, che per introdursi alla corte papale fu costretto a farsi raccomandare da un certo banchiere senese, Agostino non meglio identificabile, al quale Clemente VII non poteva dire di no per via di certi prestiti di difficoltosa restituzione. I due si trovarono in competizione per la realizzazione di alcune pale d’altare, ma la maestria del Raffaello balzava agli occhi e sbiadiva di pochezza l’estro creativo dell’altro.
Dopo anni di sconfitte e di segregazione nel ruolo di eterno secondo, del Piombo dovette cedere all’invidia e alla frustrazione, convincendosi che l’unica strada che poteva condurlo al riscatto fosse il delitto. Somministrò, così io credo, a Raffaello Sanzio una dose di arsenico che avrebbe steso Tyson.
Questo spiegherebbe il motivo per cui nel 1722, quando il corpo del pittore fu riesumato dal mausoleo del Pantheon, ove era custodito, fu trovato praticamente intatto, a riprova delle straordinarie capacità di quel veleno di serbare un corpo. Per le ragioni sopra esposte, questo sito chiede all’autorità giudiziaria, l’immediata riesumazione del corpo di Sanzio Raffaello e un supplemento d’indagini alla luce delle nuove tecnologie d’investigazione scientifica.