#extraconfine – Remo, italiano a Vienna: tra aneddoti, orgoglio, buon caffè… e Cardarelli

#extraconfine è una nuova rubrica de lextra.news che cerca, spera, sogna di raccontare le storie di un po’ di italiani sparsi per il mondo: partendo – come è partita l’avventura giornalistica del sito – da Tarquinia ed andando a caccia di belle realtà da condividere. Con una regola: ad ogni protagonista il compito di indicare – come in una catena – il nome di un’altra persona #extraconfine, di un’altra storia che meriti di essere raccontata.

Qui il link per l’archivio delle storie

“Ho spesso nostalgia del mare, del cielo, dei colori e degli odori della campagna maremmana, del silenzio assordante delle vie del centro storico di Tarquinia nelle prime ore pomeridiane di un afoso giorno estivo”: a parlare è Remo Castellini, trentaduenne nato a Tarquinia che da ormai quasi nove anni vive in Austria, a Vienna, dove è dottorando e docente di ‘Cultura e comunicazione italiana’ presso l’Università di Vienna.

Riparte con lui il percorso di #extraconfine che gira il mondo alla ricerca di storie belle di italiani all’estero, in una chiacchierata che spazia dal caffè a Cardarelli, passando per le nostalgie e i ricordi, senza poter staccarsi del tutto col pensiero dalla delicata situazione che l’Italia sta oggi vivendo.

“Durante il mio percorso universitario – racconta Remo spiegandoci come abbia maturato la decisione di vivere sulle rive del Danubio – ottenni un tirocinio presso la Società Dante Alighieri di Vienna; dopo questa esperienza ho deciso di proseguire la mia formazione umana e culturale nella capitale austriaca”. Dove ben presto si è trovato a curioso confronto con il differente approccio tra Italia e Austria su un particolare dettaglio della quotidianità.

“L’ostacolo più ostico che ho dovuto affrontare è stata la “precisione” austriaca. – spiega Remo – A tale proposito potrei raccontare diversi aneddoti, mi limiterò a citarne due; il primo vissuto insieme ad un caro amico viennese, casualmente incontrato nei pressi di casa mia, al quale proposi di bere un caffè in un locale della zona. A questo punto il mio amico, guardandomi con uno sguardo tra il preoccupato e lo sbigottito, si scusò dicendomi che non poteva e, consultata rapidamente la sua agenda, mi comunicò che ci saremmo potuti incontrare dopo 6 giorni alle ore 16:25. Lo salutai un po’ confuso e con la convinzione che ci saremmo sentiti dopo qualche giorno per organizzarci. Successe però che mi dimenticai di tutto dell’appuntamento e regolarmente, 6 giorni dopo, alle ore 16:27, squillò il mio telefono; era il mio amico che mi rimproverava del ritardo. Disorientato, me la cavai dicendogli che avevo segnato sulla mia agenda che l’appuntamento era alle 16:52 e non alle 16:25!”

“L’altro episodio – continua Remo – mi successe quando mi recai dal parrucchiere Konsel (fratello dell’ex portiere della Roma e del Venezia) senza appuntamento, nella speranza che ci fossero pochi clienti. Arrivato verso le 9:50 nei pressi del negozio, intravidi oltre le vetrate che non c’era nessuno e decisi di entrare. Ma subito Konsel, dopo un breve saluto, mi chiese se avessi fissato un appuntamento. Risposi di no, lui scosse lentamene la testa, come se fosse dispiaciuto di non aver tempo, e dopo una rapida occhiata all’agenda mi disse raggiante che il prossimo appuntamento disponibile sarebbe stato alle ore 10:00. La cosa bizzarra non è che avesse fissato un incontro per il taglio, ma è che lo stabilì alcuni minuti dopo rispetto al mio arrivo. Essendo una bella giornata, decisi di aspettare il pochissimo tempo che rimaneva nel giardino davanti il locale. Si creò però una situazione di forte imbarazzo, perché davanti a me c’era la vetrata del negozio e dietro Konsel che mi scrutò impassibile per circa dieci minuti, senza svolgere alcuna attività che non fosse quella dell’attendere il mio ingresso. Alle dieci in punto Konsel aprì la porta del negozio e, come se niente fosse, con un bel sorriso mi disse che era arrivata l’ora del mio appuntamento”.

Il rapporto con l’Italia, ad ogni modo, resta forte, anche per quelle sensazioni nostalgiche con cui si è aperta questa chiacchierata. “Torno a Tarquinia ogni tre o sei mesi, dipende dagli impegni lavorativi. A Tarquinia trascorro una buona parte delle vacanze natalizie, pasquali ed estive e sì, certo, se ci fossero le condizioni, potrei tornare anche prima della fine della carriera lavorativa”.

“Mi sento europeo, italiano e viennese. – risponde Remo quando gli chiediamo in quale realtà si senta più radicato – Ho il sentimento di convivere con questi tre caratteri con temperamento e nella stessa misura. Considero l’identità come una natura fluida e non innata o immodificabile. Secondo me l’identità è qualcosa che si trasforma nel tempo, aggiungendo e perdendo elementi, ed è il risultato finale dell’intreccio di scelte, incontri e conoscenze che la realtà ci propone quotidianamente”.

Ma c’è, gli chiediamo, una caratteristica italiana che ti sei reso conto sia stata utile, importante nell’esperienza di vita che hai vissuto e stai vivendo all’estero? “I miei amici austriaci sottolineano spesso come le peculiarità italiane più evidenti siano la spontaneità e l’estro, la capacità di essere pragmatici con la creatività e l’improvvisazione in diversi ambiti e situazioni. Mi riconosco in questi caratteri che ho fatto miei crescendo nel contesto italiano. Se avverto in loro una nota di invidia nei miei confronti e nei confronti di queste nostre prerogative, ammetto di provarne anch’io, in alcune situazioni, per quel che riguarda le loro capacità organizzative”.

Guardandola da fuori – e al netto di affetto e nostalgia – cosa cambieresti dell’Italia? “Questa domanda meriterebbe una risposta articolata, difficile da risolvere in poche righe. Non voglio, inoltre, dare adito ad alcune consolidate abitudini italiane che sono quelle di parlare male del nostro paese, ma anche quella di avere una improvvisa indignazione quando a farlo è qualcuno al di fuori, straniero o italiano residente all’estero che sia. È anche un momento delicato per l’Italia e oggi mi è difficile rispondere in modo ragionevole a questa domanda, ma posso dire che sono orgoglioso del Paese che sta rischiando tutto per la tutela dei suoi cittadini. In questi momenti di emergenza ci vogliono coraggio e unità, capacità che abbiamo dimostrato di avere, e vorrei che l’Italia conservasse tali prerogative”.

La conversazione vira, poi, su temi più leggeri e di costume. E come tradizione della rubrica, chiediamo a Remo se c’è un piatto italiano che proprio gli manchi in modo particolare e a quali specialità della cucina austriaca avrebbe difficoltà, oggi, a rinunciare. “Vienna offre molti ristoranti e alimentari italiani e questo mi consente di soddisfare ogni mia nostalgia culinaria. I piatti della cucina viennese (mitteleuropea) che prediligo sono la Wiener Schnitzler (la cotoletta viennese), il Kaiserschmarrn (la frittata dell’imperatore) e i Marillenknödel (i canederli di albicocca)”.

Da accompagnare, magari, con un buon caffè: “Il miglior caffè che ho assaggiato a Vienna è quello di Coffe Pirates (Spitalgasse 17, 1090), piccola torrefazione viennese, che ha una caffetteria nei pressi del campus universitario. Consiglio anche il caffè viennese Julius Meinl che è possibile trovare anche in Italia. Posso citare inoltre le tradizionali caffetterie viennesi (Café Schwarzenberg, Café Central, Café Hawelka, Café Dommayer e altri) dove si può respirare ancora l’atmosfera della Vienna del primo Novecento. I caffè erano un ritrovo non solo per consumare diverse varietà di caffè, ma anche per leggere giornali e libri, conversare di politica, di psicanalisi e di arte. Ancora oggi andare ad un cafè a Vienna significa sedersi e trascorrere delle ore al tavolo sorseggiando caffè e gustando uno strudel o una Sacher, studiando, leggendo o discorrendo di politica e cultura”. E qui parte una splendida digressione, alla quale dedichiamo un articolo a parte, sull’esperienza nei caffè viennesi di Vincenzo Cardarelli, poeta-concittadino su cui Remo ha scritto alcuni lavori già usciti o in fase di pubblicazione.

Prima di salutare Remo, sottoponiamo anche lui alla regola di #extraconfine, chiedendogli di suggerirci il nome di un connazionale in giro per il mondo che, secondo lui, può avere storie interessanti da raccontare. “Propongo di intervistare Alessandra Thiele, vicedirettrice generale del Museo austriaco del Cinema (Österreichisches Filmmuseum), una persona legata a Tarquinia e che – come me – vive a Vienna”.