#extraconfine è una nuova rubrica de lextra.news che cerca, spera, sogna di raccontare le storie di un po’ di italiani sparsi per il mondo: partendo – come è partita l’avventura giornalistica del sito – da Tarquinia ed andando a caccia di belle realtà da condividere. Con una regola: ad ogni protagonista il compito di indicare – come in una catena – il nome di un’altra persona #extraconfine, di un’altra storia che meriti di essere raccontata.
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(s.t.) Avere nemmeno trent’anni e scoprire di averne già vissuti dieci a caccia di impulsi professionali ed umani, di esperienze, di scoperte e conoscenze vivendo in due delle città più stimolanti d’Europa. Anne Vent, 29 anni, è una project manager freelance per progetti di desing. E, sintetizzando il racconto che ci ha fatto della sua esperienza #extraconfine, si presenta così: “Sono nata a Laces, un piccolo paese che si trova in Val Venosta, in Alto Adige. Ora vivo a Londra, ma fra un paio di mesi mi ritrasferirò a Berlino, dove ho già vissuto per tre anni”.
“Crescendo in un piccolo villaggio ho sempre sognato di trasferirmi in una grande città”, ci racconta poi, entrando nel dettaglio della scelta che a 10 anni fa l’ha portata lontana da casa. “Anche perché, da bambina e ragazza, i miei genitori hanno portato mio fratello e me in diversi viaggi nelle capitali d’Europa, ed è sempre stato emozionante. Poi, quando avevo 14 anni, visitammo Londra e me ne innamorai del tutto: da quel momento in poi ho sempre saputo che volevo vivere qui, una volta finita la scuola superiore, e cosi mi ci sono trasferita a 19 anni insieme al mio ragazzo di allora. Il piano era di rimanere per un anno, migliorare il nostro inglese, per poi trasferirsi a Berlino o Vienna per studiare”.
“Tutto questo, in realtà, è cambiato molto presto dopo il nostro arrivo a Londra: – rivela Anne – lui ed io ci siamo lasciati, ma intanto avevo capito di aver trovato la città migliore per crescere, realizzare i miei sogni e costruire la mia nuova vita. Così ho scelto di restare, ho iniziato l’università in pubblicità e marketing e, una volta laureata, ho iniziato a lavorare per un’agenzia pubblicitaria dove sono rimasta per due anni”.
Ma tra lo studiare a Londra e il lavorare a Londra c’è una bella differenza. “Il lavoro, lo stress, l’enorme quantità di persone, la frenesia di questa metropoli mi stava cambiando la vita, – racconta – e ho cominciato a sentire il bisogno di più tranquillità. Così mi sono presa una pausa di sei mesi, ho viaggiato in Asia per poi, infine, spostarmi a Berlino. Che in realtà era sempre stata nella mia mente: un sacco di miei amici avevano studiato lì ed ero andata regolarmente a trovarli, scoprendo un’atmosfera è completamente diversa da Londra. Pur essendo una grande città, infatti, la qualità della vita è migliore e le persone sono molto più rilassate. Certo, ripartire di nuovo da zero e stabilirsi non è stato facile, ma dopo un po’ sono riuscita ad affittare un appartamento fantastico con i miei migliori amici e ho iniziato a lavorare per una grande agenzia pubblicitaria. Da allora c’è voluto poco perché iniziassi a sentirmi davvero in linea con la città…”
Ma quello a Berlino è ben lontano dall’essere l’ultimo capitolo sin qui scritto della storia europea di Anne, che prosegue con il racconto. “Poi… ho incontrato il mio attuale ragazzo, Alessandro, che viveva e tutt’ora vive a Londra. Per due anni abbiamo avuto una relazione a distanza, muovendoci e avanti e indietro tra le due città, ma poi ho iniziato a sentire il bisogno di cambiare lavoro e cominciato a pensare di diventare un libero professionista. Considerando che il viaggiare ogni volta per vederci era diventato veramente stancante e che il mondo del design freelance è più grande a Londra che a Berlino, ho pensato che sicuramente iniziare la mia carriera a Londra sarebbe stato più facile. Così, alla fine dello scorso anno, sono tornata sulle rive del Tamigi, e vi assicuro che è stato veramente difficile! Ma sentivo di aver preso la decisione giusta: ora vivo con il mio ragazzo, che è la cosa migliore del mondo, e ho iniziato a lavorare come freelance per un’agenzia fantastica (davvero importante e a soli dieci minuti da casa). Ma Berlino mi manca per molte ragioni, e sia io che Ale abbiamo l’idea di trasferirci insieme li il prossimo anno per poter avere una vita più tranquilla”.
Perché il gusto della scoperta, del rimettersi in gioco, in Anne è qualcosa di radicato sin da ragazza, forse anche proprio per le sue radici geografiche. “Crescendo in un paese molto piccolo e isolato in mezzo alle montagne – riflette – dove le persone possono essere piuttosto chiuse di mente, ho sempre avuto il desiderio di provare esperienze nuove, visitare posti sconosciuti e relazionarmi con persone provenienti da tutto il mondo, con background culturali diversi”.
“Certo – continua – gli ostacoli sono stati grandi, a partire dalla distanza dalla mia famiglia e dagli affetti, che è la cosa che ho sofferto di più. E infatti torno a trovare tutti due o tre volte l’anno”. Ma ad aiutare Anne a superare queste difficoltà hanno contribuito proprio alcune caratteristiche molto “italiane” che si è portata dietro nelle sue esperienze. “Ad esempio la passione per il cibo buono, per una bella chiacchierata con un bicchiere di buon vino in mano, si è spesso concretizzata in amicizie bellissime. E poi il concetto e l’importanza della famiglia, che ritengo sia la cosa più importante nella vita: stando lontana da casa mi sono sempre sentito attratta dagli amici italiani, perché abbiamo lo stesso concetto e la stessa comprensione di cosa significhi la famiglia: ed è così che ci si costruisce una “piccola famiglia” lontana da casa”.
La buona cucina e i buoni sapori come antidoto alla nostalgia, insomma. “Eh, ma ad esempio, pensando all’Italia, i canederli di spinaci è un piatto tipico dalle parti mie e non lo posso trovare da nessun’altra parte, e un po’ mi mancano. Anche perché, ad essere del tutto onesta, non sono una grande amante della cucina inglese, così come di quella tedesca. Però vivere in città grandi e multietniche come Londra o Berlino mi ha spinta a provare cibi e cucine provenienti da tutto il mondo, scoprendo piatti a cui non vorrei più rinunciare!”.
Insomma, parlando con Anne è evidente che è il gusto per l’internazionalità, per il melting pot umano e culturale il leitmotiv che l’ha spinta e la spinge nella sua esperienza di vita. E che, almeno per ora, non la spinge a pensare ad un ritorno alle origini. “Quando penso all’Italia, penso al mio piccolo paese natale, dove non avrei le opportunità che potrei avere in una grande città. – ci confessa – Allo stesso tempo non ho mai avuto il desiderio di vivere in una città italiana. Amo l’Italia, penso che sia un paese incredibile, bello e variegato, amo visitare le città italiane, ma non voglio viverci: credo che mi mancherebbe l’internazionalità che posso trovare a Londra, o a Berlino, per esempio”. Il che, però, non smorza affatto la forza con cui Anne si sente italiana. “Più cresco, più mi sento effettivamente connessa alle mie radici. – dice anzi, rafforzando l’idea – Mi sento italiana, alto atesina: sono ciò che sono oggi grazie al posto dove sono cresciuta, ma anche grazie a quello che ho vissuto lontano da casa”. E a questo punto arriva, come risposta ad una domanda – “Hai mai subito episodi di razzismo?” una considerazione forse inattesa. “Sì: e, lo dico a malincuore, spesso proviene dagli stessi italiani, dovuto alla mia provenienza dall’estremo Nord d’Italia, al confine con la Germania, e al fatto che la nostra madre lingua è il tedesco”.
Prima di salutare Anne, le chiediamo le due ultime cose, tipiche della rubrica. “Cosa cambierei dell’Italia? Più che proporre un cambiamento, mi viene di dare un consiglio: di essere più aperti a quello che c’è fuori dall’Italia”. Quindi le chiediamo il nome del protagonista di un’altra storia italiana all’estero: “Certo! Il mio amico Mattia Tuono!”