In seguito alla laurea in Italia, ad un Erasmus in Francia, un stage ungherese in General Electrics ed un primo master in economia nel Collegio d’Europa di Bruges, ho iniziato a lavorare per BNP Paribas prima a Bruxelles e poi Istanbul, strutturando operazioni di finanziamento di esportazioni per grandi imprese europee. Dopodiché, terminato un nuovo master in Business Administration in Spagna, CitiBank, l’impresa per cui al momento lavoro, mi ha offerto l’opportunità di svolgere vari progetti in giro per il sud e nord America, dove vivo da un paio di anni. Dopo Bogotà (Colombia) e Miami, da qualche tempo risiedo fisso in Brasile a San Paolo dove gestisco per CitiBank la marca Diners per carte di credito per imprese. È da questa terra lontanissima e straordinaria che su richiesta de L’extra, accettata con onore e entusiasmo, presento di seguito la mia personale esperienza dei giorni che hanno preceduto l’inizio della Coppa del mondo e la cerimonia d’apertura.
Di tutti i paesi in cui ho avuto l’opportunità di vivere il Brasile, e in particolare la città di San Paolo, è senza dubbio il posto più eccitante che abbia mai conosciuto. Molti in Europa mi chiedono come sia San Paolo e la prima cosa che rispondo é che Sampa, come tutti la chiamano qui, è brutta e pericolosa e io stesso inizialmente l’ho detestata. Subito dopo, però, elenco una lista di cose incredibili che rendono questa megalopoli di 20 milioni di abitanti unica al mondo. Amo Sampa perché è allo stesso tempo vivace e decadente, ricchissima (conosco casi di persone che portano i figli a scuola in elicottero) e poverissima, perché è quasi sempre estate e, cosi come ogni grande capitale del mondo, ti sorprende ogni giorno con nuovi eventi, concerti, mostre, ristoranti, parchi e incontri unici. A parte il traffico caotico, la burocrazia vischiosa e le infrastrutture spesso obsolete e fatiscenti, il vero dramma della città e di gran parte del paese è la sicurezza: sono all’ordine del giorno aggressioni anche mortali a normali cittadini da parte di delinquenti di vario tipo. Vivendo qui si imparano alcune regole di condotta indispensabili per garantirsi la dovuta incolumità.
Se da un lato la sicurezza spinge molti europei e nordamericani a fuggire, la straordinaria simpatia, gioia e incondizionata esterofilia del popolo brasiliano creano per tutti noi “gringos” (stranieri, nel gergo locale) un’attrazione magnetica fortissima per questa terra. Fra tutte l’Italia e’ senza alcun dubbio la nazione più amata da queste parti. Non tutti sanno che quasi 6 milioni di paulistani sono discendenti di Italiani, parlano la nostra lingua e sfoggiano il passaporto italiano con orgoglio come se fosse la prova fisica di un appartenenza ad una sorta di aristocrazia. Ogni volta che mi presento ai brasiliani e pronuncio le due paroline magiche “sou Italiano” (sono italiano), vedo il loro volto illuminarsi come se avessero ritrovato un fratello perduto. Ad onor del vero, da italiano all’estero da più di 10 anni, mi è capitato di vivere questa situazione quasi ovunque ma mai tanto quanto in Brasile e in Sampa gli italiani sono visti come ambasciatori di una terra profondamente amata e rispettata.
Sorprenderà sapere che durante i giorni che hanno preceduto questo mondiale, e a differenza delle edizioni precedenti, non c’è stato pressoché alcun festeggiamento, né tanto meno sfoggio delle bandiere verde oro della nazionale. Ciò è stato principalmente dovuto al timore del ripetersi delle forti proteste contro gli scandali legati alla costruzione degli stadi che esplosero già l’anno scorso durante la Coppa delle Confederazioni. Fino a poche ore prima dell’apertura ufficiale in pochi infatti erano in vena di pre-festeggiamenti, poiché Il movimento “anti-Copa” stava minacciando quotidianamente di ri-incendiare il Brasile e rovinare la festa ai milioni di visitatori in arrivo e alla classe politica che spera di utilizzare la coppa come volano per le prossime elezioni presidenziali di ottobre. Per di più, lo sciopero della metro di Sampa nei cinque giorni che hanno preceduto l’apertura della coppa ha letteralmente messo in ginocchio la città. (Da buon italiano, qualche mese fa, ho comprato uno scooterino che in quei giorni mi ha veramente salvato!).
È in questo contesto socio-politico che si è aperta questa nuova edizione della Coppa del Mondo: la più costosa di sempre per le tasche del governo ospitante. Una vignetta di un popolare giornale locale qualche giorno fa mostrava un bambino affamato in lacrime con forchetta e coltello in mano e un bel pallone di calcio nel piatto come unico cibo disponibile. Il duro sarcasmo della vignetta rappresenta bene un paese in cui il 90% della popolazione non ha accesso a decenti cure mediche, educazione, nutrizione e in cui, nonostante tutto ciò, si stima che ben 12 miliardi di euro (per capirci, 3 volte l’importo della tanto chiacchierata IMU) siano stati spesi per organizzare l’odiata “Copa do Mundo”.
Come per incanto, però, il giorno della vigilia dell’apertura della Coppa tutto il Brasile ha riscoperto l’allegria e la gioia per il pallone che lo hanno reso famoso nel mondo. In tutto il paese si è risvegliato un forte orgoglio nazionale e la voglia di accogliere al meglio le migliaia di gringos che poco a poco hanno incominciato ad arrivare ha superato di gran lunga la rabbia e la frustrazione per gli sprechi e la corruzione. Ogni brasiliano, da Recife a Manaus in Amazzonia, da Florianopolis a Rio, adesso si rende conto che questa è un opportunità unica per mostrare al mondo che terra “maravilhosa” sia il Brasile. Nel giro di poche ore Sampa si è riempita dei colori delle bandiere delle varie nazioni partecipanti e delle facce un po’ smarrite e curiose dei turisti. Villa Maddalena, Avenida Paulista e Piazza della Repubblica si sono animate così come nei giorni del carnevale e la festa ha avuto inizio con canti, balli, tamburi, capoeira, samba e tanta tanta capirinha, il cocktail a base di cachaça e lime che fa impazzire il Brasile.
La mia personale vigilia della coppa è stata proprio in Villa Maddalena, un quartiere che potrebbe essere paragonato alla nostra Trastevere visto l’incredibile numero di bar e giovani che la popolano. Tutte le strade erano completamente invase da migliaia di persone in festa. Con una semplice bandierina dell’Italia disegnata sulla guancia mi sono ritrovato involontariamente al centro dell’attenzione di decine e decine di brasiliani, tutti desiderosi di conoscere i nuovi gringos in città. Stesso trattamento da star è stato riservato a tutti i miei amici stranieri e non esagero quando dico che abbiamo dovuto rinchiuderci in un bar perchè sopraffatti dall’affetto dei locali.
Il 12 giugno, giorno ufficiale dell’apertura, è festa nazionale in tutto il Brasile. Già alle 6 mi sveglio carico di emozione. Qualcosa di grande sta per accadere ed è impossibile rimanere nel letto. È una bella giornata di sole e l’aria è carica di energia positiva. Vado al supermercato di mattina presto e la prima cosa che mi sorprende è che tutti, dal portiere del palazzo all’autista dei bus, sino alla cassiera del bar, sono vestiti di giallo, il colore della maglia ufficiale della squadra nazionale. Con i preziosi biglietti ben nascosti in una tasca interna dei pantaloni e armato di bandiera dell’Italia disposta a mantello sulle spalle e mini bandiera del Brasile che spunta dallo zaino, mi dirigo verso la stazione della Luz da dove parte il nuovo treno espresso per lo stadio Itaquerao. Incredibile ma vero, nonostante manchino ancora 5 ore al fischio di inizio, la stazione è già invasa da migliaia di persone in festa e in attesa del treno. Tutto fila liscio fino all’entrata dello stadio: resto positivamente colpito dal fatto che tutta la logistica funzioni alla perfezione nonostante le forti paure delle settimane passate. Camminando verso le porte del nuovo stadio, io e gli atri tre amici che sono con me rilasciamo interviste a canali televisivi e radio sconosciuti di ogni paese del mondo. Abbiamo i riflettori del mondo addosso e in tutti i presenti c’e’ la sensazione di star per essere protagonisti di un evento unico e irripetibile.
Ogni volta che si entra in uno stadio c’è sempre un attimo di forte emozione quando si attraversa il tunnel che porta dalla luce buia dell’anticamera all’immenso e luminoso spazio della arena. Questa volta l’emozione è stata amplificata dall’accecante sole del Brasile e dai colori delle scenografie che faranno fatto parte della cerimonia d’apertura da lì a poco. La nuova sorpresa che ci riserva la giornata è che il nostro posto è proprio nel mezzo della tifoseria Croata, poche centinaia di persone contro una densa macchia gialla di 60 mila torcedores (tifosi) del Brasile.
I potenti amplificatori sopra le nostre teste si accendono e lo spettacolo ha inizio. A dire il vero la cerimonia di apertura in sé non solo è stata brevissima, ma non ci ha nemmeno particolarmente colpiti. Lo stadio ha davvero cominciato ad animarsi solo quando il gigantesco pallone al centro della scenografia si e aperto in spicchi mostrando Pitbull, Jennifer Lopez & Cláudia Leitte impegnati nella loro performance canora intonando l’inno della Coppa 2014. Nemmeno il tempo di riprendersi dal ballo collettivo che ha infiammato l’arena e una telecamera mobile si avvicina proprio a pochi metri dalle nostre poltroncine: in un batter d’occhi mi ritrovo sul mega-schermo dello stadio sventolando il tricolore.
Le squadre entrano in capo e si dispongono in linea per gli inni nazionali. Ci stupisce che non venga fatto nessun discorso ufficiale da parte delle autorità. Si dice che la padrona di casa, la presidente della repubblica Dilma Rousseff, per timori di subire fischi in mondovisione abbia intenzionalmente rifiutato l’invito ad esporsi in prima persona. L’arbitro dà il via alla battaglia con un fischio che sibila in tutta l’arena. La partita non è particolarmente bella ma il suo inizio è stato piuttosto clamoroso con con l’autogol di Marcelo che ha mandato in vantaggio la Croazia nel primo tempo. I croati, che fino ad allora aveano intonato timidi cori da povere vittime sacrificali, esplodono intorno a noi in un urlo di gioia mentre il resto dell’arena per molti minuti non fiata fino a che Neymar arriva a ridare orgoglio alla nazione ferita. La partita finirà, come si sa, 3 a 1 per il Brasile anche grazie ad un rigore discutibile che molti qui dicono faccia parte dell’accordo segreto tra Fifa e governo brasiliano per far si che la squadra ospitante trionfi in questa edizione.
In questi giorni di giubilo collettivo a pochi importano la dietrologie perché, in fondo, quello che conta è solo che Villa Maddalena e il suo popolo in festa saranno da lì a poco nuovamente ad aspettarci per un’altra notte di follia brasiliana.