Riceviamo da Andrea Corritore (Italia Sovrana e Popolare provincia di VT) e pubblichiamo
Quando, nel gennaio 2021, Sogin pubblica la CNAPI, la carta delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito di scorie nucleari italiane, vengono individuati in tutto il paese 67 siti. Di questi, ben 22 si trovano nella Tuscia. Nonostante l’opposizione e la contrarietà di associazioni e comitati di cittadini e delle istituzioni locali, tutti e 22 questi siti hanno recentemente fatto “un passo avanti” e non sono più “potenzialmente” idonei ma “pienamente idonei” alla realizzazione del deposito. Significa che, con buone probabilità, tale struttura potrà venir realizzata in uno di questi luoghi con tutto il portato di rischi per la salute collettiva che questa operazione comporta.
Per Italia Sovrana e Popolare si tratta dell’ennesimo smacco ad un territorio che da anni è sotto “assedio ambientale”: la discarica sempre più ampia e sempre più pronta ad accogliere rifiuti da fuori; la pericolosa geotermia speculativa prima sull’Alfina e poi intorno al lago di Bolsena, che provoca rischio sismico grave in decine di Comuni; le centinaia di ettari di impianti fotovoltaici che consumano prezioso suolo agricolo da destinare alle produzioni alimentari mentre fanno arricchire, con incentivi fuori misura, le multinazionali straniere che ne detengono la titolarità.
Questo “attacco” speculativo è la conseguenza di decenni di abbandono da parte di una politica che non ha mai avuto alcuna visione di futuro né idee per portare avanti uno sviluppo congruo e solido del nostro territorio. Italia Sovrana e Popolare, nel condividere in pieno la contrarietà al deposito già espressa da cittadini ed enti locali, ricorda che nessuna decisione di questa portata può essere presa dall’alto senza considerare l’opinione di chi, sui territori, ci vive. Per Italia Sovrana e Popolare lo sviluppo non è dato dall’accettare supinamente ogni progetto che viene calato sulle nostre teste a prescindere dalle caratteristiche, dalla storia e dalla conformazione economica e naturale della Tuscia, ma può e deve essere guidato dagli investimenti pubblici e dalla pianificazione statale da attuare coinvolgendo in maniera seria e reale le popolazioni, partendo da una riforma organica della procedura di VIA (valutazione di impatto ambientale) affinché, al suo interno, i pareri e le proposte dei territori siano determinanti ai fini dell’istruttoria.
Altrimenti continuerà ad esserci l’attuale “far west”, dove chi è più forte (economicamente e politicamente), anche se arriva per ultimo, prevale a discapito della collettività che magari da anni lavora ed investe in attività che verrebbero irrimediabilmente danneggiate.