Fino a oggi, 19 ottobre, Palazzo Vitelleschi, sede del Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia, sta ospitando la VI Conferenza Internazionale dedicata alle terrecotte architettoniche e ai sistemi decorativi dei tetti in Italia, un evento patrocinato dal MIC e dalla Direzione Generale Musei. Il titolo, “Deliciae Fictiles VI”, richiama un’esplorazione approfondita tra nuove scoperte, riletture critiche e presentazioni dei rinvenimenti. Durante la conferenza, archeologi e studiosi hanno portato alla luce reperti inediti, come quelli provenienti dall’antica Vulci e presentati giovedì 17 dalla funzionaria della Soprintendenza per l’Etruria meridionale e dal dott. Carlo Regoli della Fondazione Vulci.
Scoperte archeologiche e recuperi importanti
Tra i protagonisti della conferenza, spiccano anche frammenti di acroterio, come l’amazzone a cavallo del tempio di Vigna Marini Vitalini a Cerveteri, su cui hanno discusso la dott.ssa Rossella Zaccagnini e il dott. Leonardo Bochicchio. Gli stessi archeologi hanno anche illustrato il recupero di frammenti di terrecotte architettoniche sequestrate nell’ambito dell’operazione Symes del 2026, un’azione che ha contrastato il traffico illecito di opere d’arte e ha permesso di riportare in Italia oltre 600 reperti trafugati. L’operazione, così chiamata dal nome del noto trafficante internazionale d’arte Robert Symes, è un esempio di come le forze dell’ordine e le istituzioni culturali lavorino insieme per tutelare il patrimonio storico.
Le terrecotte: capolavori di arte e memoria
Le terrecotte architettoniche, definite “deliciae” per la loro bellezza e raffinatezza, sono capolavori che fondono arte, architettura e storia. Oltre alla loro funzione decorativa, rappresentano un’importante testimonianza della cultura e della memoria storica. Durante il convegno, il direttore del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, Daniele Federico Maras, ha presentato nuove riflessioni su un gruppo di lastrine architettoniche ceretane, recuperate nel 2016 dai Carabinieri TPC e già esposte nel 2019 alla Centrale Montemartini. Il lavoro di tutela della Soprintendenza, dunque, non si limita alla conservazione, ma si espande con studi e ricerche per diffondere i risultati della ricerca archeologica.