(s.t.) L’abbagliante scenario del red carpet della Mostra del Cinema di Venezia, la propria scheda biografica sui maggiori portali specializzati e le proprie foto in abito da gala tra i primi risultati di una ricerca su Google. Eppure Flaminia Mancin – coprotagonista in “Chiara”, film storico di Susanna Nicchiarelli a breve nelle sale e presentato in anteprima nel celebre festival lagunare – ha la grande capacità di godersi questo ingresso nel mondo del cinema con grande tranquillità e spontaneità.
“Anche a Venezia, è stato tutto molto più tranquillo di quanto immaginassi. – racconta ricordando i giorni in laguna – Temevo tantissimo l’impatto con il mostro sacro dei festival, e invece… Forse il red carpet è stato un po’ surreale: mi sembrava tutto talmente fuori dalla realtà da sentirmi disorientata: “Io? Qui? Ma cosa è successo?” Eppure viverlo è molto più naturale di quanto lo immaginassi, non sentivo proprio di star facendo una cosa così grande”.
Prima di arrivare a “Chiara”, dove interpreta il ruolo di Pacifica, fedele amica di Santa Chiara, Flaminia ha vissuto le prime esperienze con la recitazione a teatro, studiando per due anni prima dell’interruzione a causa Covid. Da allora la scelta di cambiare e cercare una propria strada nel cinema. “Iniziando dallo studio – racconta – affiancata dal mio maestro Nicola Donno, che mi ha proposto anche in qualità di agente per alcuni casting, ricevendo dei no che mi hanno fatto capire come l’esperienza aiuti a capire dettagli importanti, ma anche quando al cinema conti non solo la bravura, ma anche essere fisicamente adatti a un ruolo”.
Sino a che non è arrivata Pacifica: “Mi sono riconosciuta subito nel personaggio – spiega Flaminia – Nella sua capacità di stare vicino alla sua amica, soffrendo assieme ma senza troppe parole. Pacifica è una ragazza semplice, onesta, protagonista di un’amicizia con Chiara basata soprattutto su un’enorme fiducia, tanto da seguirla in ogni sua scelta”.
E il ruolo ha permesso a Flaminia di tuffarsi in un’esperienza dimostratasi straordinaria, anche dal punto di vista umano ed emozionale. “Il mondo del cinema non mi era del tutto nuovo, perché avevo già fatto figurazione speciale e questo mi ha aiutato a capire l’ambiente, anche se entrarci da attrice è totalmente diverso. Figurati che il primo giorno di riprese mi sono venuti a prendere a casa per andare a girare! Mi sentivo in brodo di giuggiole: stavano portando me, che di solito corro dietro ai treni! E non avevo dormito tutta la notte per quel primo giorno: adrenalina a 1000! O ancora, il camerino: che figata! Per me era diventata una casa. Quando è finito sono stata quasi male, come se mi mancasse un pezzo di qualcosa. Certo, è stato stancante, girando (per lo più tra Tuscania e i boschi del Lazio per un paio di mesi di lavorazione, ndr) quasi sempre a piedi scalzi o al freddo. Ma ne è valsa totalmente la pena”.
Grazie anche a uno splendido rapporto con la regista, “sempre molto sincera, capace di guidarmi con dolce schiettezza sino a ottenere da me sulla scena ciò che serviva. Un rapporto non costruito con una persona cui si può parlare come un’amica. Mi ha dato tanto aiuto nel prendere consapevolezza del fatto che posso essere in grado riuscire, mi ha dato fiducia in me stessa semplicemente con le parole”.
Ma come è vedersi al cinema in un contesto prestigioso come quello di Venezia? “Pensavo di imbarazzarmi molto, invece l’ho visto da normale spettatrice e senza l’ansia che immaginavo. Nessuna vergogna, mi è sembrato tutto molto naturale. La verità è che mi piace recitare, voglio che sia nella mia vita e mi pare la cosa più normale del mondo”.
“L’ansia più grossa è stata nei giorni prima – svela Flaminia col sorriso – e non solo per l’idea delle scarpe col tacco da indossare sul tappeto rosso. Quattro giorni prima ho fatto una storta e sono finita in pronto scorso, dove mi avevano diagnosticato sei giorni di riposo totale! I primi due li ho passati sotto choc a piangere, poi mi sono intestardita e tra ghiaccio, pomate ecc e sono riuscita a provare a camminare il giorno prima e a esserci a Venezia: era tanta l’adrenalina che mi sono scordata il dolore!”