Una mamma di foca monaca che bacia e protegge il suo cucciolo: è l’immagine simbolica – riprodotta scolpendo la roccia – scelta da Giulio Cosimi Bagada come proprio emblema nei confronti della sensibilizzazione dell’opinione pubblica sull’estinzione della foca nel Mediterraneo.
E proprio il Mediterraneo diventa, nell’idea di Giulio, tarquiniese doc, il simbolico museo in cui esporre varie versioni “gemelle” della propria opera: così, dopo le installazioni già avvenute sull’isola di Marettimo, nelle Egadi, ed in Croazia, sull’isola di Vis, altre due versioni della scultura stanno per essere installate al museo di Gibilterra e sull’isola greca di Othoni. In realtà, un ulteriore esemplare finirà lontano dalle acque del Mediterraneo, per giungere sino agli Stati Uniti.
L’azione di sensibilizzazione di Giulio nasce a seguito dell’allarme, lanciato dal WWF, sul rischio di estinzione della foca monaca del Mediterraneo, che addirittura lo definisce come il mammifero marino più minacciato in Europa e uno dei più rari al mondo. Un monito, quello dell’organizzazione per la salvaguardia animale, che ha sin qui, fortunatamente, ottenuto dei risultati concreti: dai circa 300 esemplari rimasti appena 7 o 8 anni fa, il numero è già salito a 700, con le colonie che si riproducono tra Madera, Capo Blanco, il Mar Egeo e, forse, le Isole Dalmate e che, grazie alla straordinaria mobilità, sono avvistabili tuttora in numerose località del Mediterraneo, dalla costa orientale sarda alle Egadi, dall’Istria alle coste triestine, dai litorali algerini a quelli tunisini. Anche se il turismo e la presenza massiccia di bagnanti e natanti ha di molto ridotto l’opportunità di avvistarle sulle coste nostrane.