La pandemia sta interessando sempre più italiani negli ultimi tempi. A breve saranno già due anni che il Covid circola impudentemente nelle nostre vite e pare non cedere nemmeno di fronte alle limitazioni più restrittive. Lo sviluppo delle varianti del Coronavirus ha portato infatti le autorità di numerosi Stati e Paesi a modificare le disposizioni logistiche anche in corso d’opera. Va da sé che per i comuni cittadini non sono stati pochi i disagi e le ingerenze in quello che fino a poco prima era il normale tenore di vita. Ognuno di noi è stato costretto almeno a una piccola rinuncia per salvaguardare la salute personale e collettiva. I dati statistici rivelano che da quando si è scatenata la pandemia, oltre il 30% della popolazione ha palesato inoltre sintomi depressivi. Nella prima metà del 2020 erano almeno 50.000 le telefonate giornaliere che pervenivano al numero verde istituito appositamente per il supporto psicologico richiesto durante il lockdown.
Trattandosi di una malattia virale, dunque contagiosa, il Coronavirus ha implicato il distanziamento sociale, che ha rappresentato la prima e più logica misura di contenimento da mettere in atto. Ciò ha portato molti soggetti a incontrare anche difficoltà psicologiche nell’approcciarsi al quotidiano, tra lavoro, studi, famiglia e impegni inderogabili per la propria sopravvivenza. Il Covid non è l’unico problema, dunque: le conseguenze delle varie restrizioni non hanno potuto fare a meno di incidere sulla psiche degli individui meno attrezzati e preparati dal punto di vista caratteriale, che magari avevano già manifestato in passato episodi di ansia e insicurezza. Le realtà metropolitane sembrano maggiormente predisposte a questo genere di situazioni: uno psicologo per la depressione che riceve a Roma o in altre grandi città può costituire la spalla ideale sulla quale appoggiarsi nel momento più critico. L’importante è non avere mai paura di ammettere o riconoscere a se stessi una flessione.
I rischi dell’isolamento
L’isolamento è dovuto, in primis a tutela del sistema sanitario. Al giorno d’oggi il certificato di un tampone negativo può diventare la via d’accesso per molteplici attività, comprese quelle lavorative e di puro sostentamento. Il Covid ha la precedenza persino sulle altre patologie: in caso di ricovero ospedaliero improvviso, una positività riscontrata sul momento precluderebbe giocoforza l’accesso ai reparti ospedalieri di cui il paziente sentiva di avere bisogno. Prima che avvenga la certificata negativizzazione, eventualmente anche con due tamponi negativi di fila, si è costretti a combattere contro il Coronavirus, anche se contratto in forma lieve.
La depressione nel 2020
Nel contesto sociale che ci si pone davanti in questo preciso momento storico, non sono da sottovalutare i problemi legati alla depressione che può scaturire dall’isolamento. Gli studi scientifici portati avanti in questi due anni hanno evidenziato che chi ha contratto il virus ha la stessa percentuale di possibilità di imbattersi in psicosi di chi aveva già problemi mentali: si tratta nella fattispecie di una persona ogni 25. La semplice solitudine forzata può innescare reminiscenze anche nei profili considerati a minor rischio o nelle persone di ceto particolarmente elevato: si pensi ad esempio al caso del calciatore Josip Ilicic, che nel 2020 ha abbandonato temporaneamente l’attività agonistica per il ricordo della guerra nei Balcani che la pandemia aveva inaspettatamente risvegliato nel ragazzo. Solo il ritorno nel suo paese d’origine era riuscito ad essere di conforto all’atleta, tornato a pieno regime a distanza di tre mesi dal trauma.
Attingere ad esempi di figure che hanno superato situazioni ben più gravi della nostra è certamente d’aiuto per risolvere una problematica psicologica. Bisogna ricordarsi che le limitazioni non sono dovute dalla nostra volontà, non sono una nostra specifica colpa e non riguardano esclusivamente noi: l’incidenza dei disturbi di ansia e depressione è aumentata del 25% in tutto il mondo, coinvolgendo più le donne degli uomini. Secondo uno studio del Cnr-Irib di Messina realizzato in collaborazione con con le Università della Calabria e della Magna Graecia di Catanzaro durante la pandemia il 60% degli psicologi ha dichiarato un aumento di pazienti, con ansia, depressione e disturbi del sonno come sintomi prevalenti. Non siamo diventati improvvisamente diversi dagli altri e se la maggior parte delle persone non sviluppa patologie psicologiche, allora anche chi ha iniziato a soffrirne può uscirne in tempi rapidi. La tecnologia e il web ci sono chiaramente di supporto in questo momento: a lungo andare, una serie ciclica di videochiamate può surrogare adeguatamente la serialità di vecchi incontri dal vivo e lo smart working consente di lavorare forse anche in maniera più comoda. Come avremmo affrontato la pandemia se si fosse manifestata nel bel mezzo degli anni ’90? Ad oggi l’Italia possiede tutti gli strumenti per evitare l’arresto della vita economica e sociale del Paese: sta ai singoli cittadini impiegarli con cognizione di causa.