È visibile al pubblico nel cortile di Palazzo Vitelleschi da ieri – con una cerimonia inaugurale impreziosita da un folto pubblico – contemporanea etrusca, installazione ideata e realizzata da Marco Vallesi nell’ambito del Premio Città di Tarquinia “Luciano Marziano – Vasco Palombini” che vedrà le opere di Vallesi al centro di una mostra in programma a San Pancrazio dall’8 settembre al primo ottobre.
Tre blocchi di pietre diverse – tufo, nenfro e peperino, in evidente legame con il territorio circostante – ospitanti altrettanti “vassoi” in gres ad alta temperatura che richiamano gli intagli “a scala” presenti nei lastroni litici esposti nel Museo stesso e che sono stati smaltati con gli stessi materiali rimossi per ricavare la cavità che li accoglie.
“Un omaggio alla civiltà etrusca – recita il testo a descrizione dell’opera – per richiamare e riassumere, in un unico contesto, la presenza imperitura della simbologia e della fascinazione di talune, talvolta misteriose, espressioni del popolo Etrusco, suggerendo nuovi stimoli quali, tra gli altri, la proposta di un diverso impiego dei detti materiali nella direzione di un design minimalista e contemporaneo e un incentivo per una economia del territorio verso il riciclo e il recupero di materiali di risulta o di scarto, quagli gli sterri di cave attive o abbandonate, utilizzandoli e valorizzandoli in ambito ceramico come smalti di pregio”.
“C’è qualcosa di antico sotto il cielo che sovrasta il cortile di Palazzo Vitelleschi. – le parole di Marco Vallesi – Qualcosa di più antico delle vestigia che lo arredano e lo punteggiano come segnacoli di una grande meridiana. Non così antiche le mani degli scalpellini che hanno cavato i blocchi di nenfro da cui, magari, un’altra mano ha scolpito il volto di un defunto o la elegante voluta d’angolo di un capitello. Di molto più antico c’è l’essenza stessa dei reperti, quelle aspre e ruvide rocce formatesi ben prima che l’umanità diventasse la specie dominante sulla terra”.
“La vivace attività dei numerosi vulcani presenti in quest’area, che poi diverrà la terra d’elezione della civiltà etrusca, dispose, strato sopra strato, enormi depositi di materiali effusivi a formare alture o a colmare vallate preesistenti. – continua Vallesi in un racconto che molto suggerisce sul percorso su cui si fonda il tema portante dell’intera mostra, oltre che dell’installazione – Solamente in seguito, grazie all’azione del tempo e degli elementi, le aride e sterili distese generate dalle emissioni si trasformarono nel gentile paesaggio di quella vasta area oggi nota come Tuscia. Ebbene, da questa terra divenuta generosa e accogliente, anche grazie alle dolci condizioni climatiche, a partire dalla preistoria, gli esseri umani si insediarono e, generazione dopo generazione, dettero vita ad un processo di civilizzazione inarrestabile che fiorì con la cultura etrusca”.
“Ed è la curiosità, l’indagare sugli immani processi della formazione, a pensare le attuali masse solide nel loro stato fluido e incandescente, così come quand’esse vennero distribuite dalla natura nel territorio, che ci conduce all’attualità e, in conseguenza, alla novità della contemporaneità. Siamo dunque tornati a perturbare lo stato di quiete litica delle rocce, ad invertire la staticità della roccia attraverso il calore per condurla, attraverso un processo ceramico, allo stato liquido per formare smalti lucenti e levigati. Ecco cosa c’è di antico anzi, di nuovo”.
A presentare al nutrito pubblico presente l’installazione sono stati, oltre all’artista, Vincenzo Bellelli, direttore del Parco archeologico di Cerveteri e Tarquinia, e Alessandra Sileoni, presidente della Società Tarquiniense d’Arte e Storia.