
di Marco Poggi
Sono passati 10 anni dall’uscita del suo primo film, eppure il regista romano Gabriele Mainetti non ha perso la voglia di raccontare delle storie diverse, dalle consuete pellicole italiane. Dopo l’omaggio ai robot difensori della Terra (“LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT”) e ai mutanti dei fumetti (“FREAKS OUT”), volge lo sguardo al cinema di arti marziali, ben noto negli anni’70-80, grazie ai film di kung fu con Bruce Lee e Jackie Chan. Aveva, infatti, detto che il suo terzo film sarebbe stato un film di kung fu girato a Roma, e così è stato.
“LA CITTA’ PROIBITA” è una miscela, ben dosata, di vendetta, azione, romanticismo, commedia, dramma e un pizzico di mistero, non molto dissimile a “DELITTO AL RISTORANTE CINESE”, di Bruno Corbucci, ma stavolta in chiave seria e non scanzonata. Due ore e diciotto minuti che volano, con incredibile leggerezza, merito del cast sino-italiano, mai così affiatato, e della storia, che parte dalla Cina, per arrivare nel quartiere romano dove ci si imbatte negli extra-comunitari che lavarono, o vengono sfruttati da uomini senza scrupoli, come Annibale di Marco Giallini, un piccolo boss locale che mal li sopporta. In quel quartiere, ci sono pure due ristoranti, uno è quello di Alfredo (Luca Zingaretti), la moglie Lorena (Sabrina Ferilli) e il figlio Marcello (Enrico Borello) e l’altro è quello del boss della triade cinese Wang (Chunyu Shanshan), il cui nome dà anche il titolo al film. All’improvviso, giunge dalla Cina la giovane Mei (Yaxi Liu), in cerca della sorella scomparsa, scoprendo che Wang l’ha messa a fare la prostituta, a Roma. Fra i due è subito guerra aperta a suon di colpi di Kung fu. Quando, però, Alfredo scompare misteriosamente, lasciando indebitati moglie e figlio, che non sanno come campare, ecco Mei irrompere nella vita Marcello, prima per picchiarlo ed estorcergli delle informazioni e poi per innamorarsene, dopo essere uscita dal ristorante di Wang malconcia e zoppicante. In mezzo, ci si mette pure Annibale, accompagnato dai suoi fidi tirapiedi, i simpatici Cip e Ciop, che, se non ricatta gli stranieri, al suo servizio, costringendoli a vivere nelle topaie, si reca al ristorante di Alfredo, per flirtare con Lorena, perché si crede uno di famiglia, nonostante tutto. Ecco come un film che, inizialmente, pare solo di arti marziali cinesi, si tramuta in un drammatico pulp alla romana, due generi che non sembrano connettersi fra loro, ma che lo fanno con un certo stile.
La giovane Yaxi Liu, che fa Mei, ricorda l’attrice Akiko Wakabayashi, del film “AKIKO”, del 1961, di Luigi Filippo d’Amico, però se la giapponese (nota anche per i vecchi film di Godzilla e “AGENTE 007 VIVI E LASCIA MORIRE”, del 1967, con Sean Connery) era praticamente una geisha stranamente imparentata con Marisa Merlini, che s’innamorava di un teppistello del quartiere romano (Pierre Bruce), la cinese Yaxi Liu è una vera e propria esperta di kung fu, che pratica fin dalla nascita (infatti, è una stuntwoman, che ha fatto la controfigura della protagonista del live action “MULAN”, della Disney) che si fa capire a botte e con lo smartphone, che traduce le sue parole, quando si presenta davanti a Marcello. Strano che fra i due nasca qualche cosa di romantico, eppure, quando succede, è inevitabile il giro dei monumenti di Roma, in moto, manco fossero Anita Ekberg e Marcello Mastroianni, o Audrey Hepburn e Gregory Peck. Tutti i personaggi, però, sono ben costruiti e tridimensionali, Mei ha un passato tragico di chi è stata rinchiusa in casa dai propri genitori, perché, quando era piccola, in Cina era vietato che una famiglia avesse due, o più figli (e lei era la seconda), Marcello vorrebbe scappare dal quartiere dove è cresciuto, ma si è così impigrito che ormai sta solo ai fornelli del suo ristorante, al servizio di sua madre inguaiata dai debiti, Wang è un boss cinese, che vive a Roma e sfrutta i suoi simili, il cui unico debole è il figlio rapper, di nome Maggio, che lo detesta, e Annibale è un boss di quartiere solitario, che fa il buono, il brutto e il cattivo tempo, con gli extracomunitari. Personaggi sfaccettati e problematici, da cui emerge un Marco Giallini, con tanto di parrucca argentea, che ricorda il padrino, dalle fattezze scimmiesche de “L’ONORE DEI PRIZZI”, di John Huston. Da ricordare Sabrina Ferilli, in un ruolo che è un mix fra Anna Magnani e Sofia Loren, sempre bravo Luca Zingaretti, che ricompare nella scena che non ti aspetti. Yaxi Liu non ha molte espressioni, ma si fa capire lo stesso, seguita da Enrico Borello, che ha diverse scene anche con Marco Giallini. Fra gli scontri da ricordare, c’è quello lungo iniziale, dove si crede che tutto il dramma si stia svolgendo in Cina, e quello fra Mei e Cip e Ciop, che è fra i più divertenti. Un film da vedere e rivedere.
