di Donatella Cea
Il cielo notturno ci regala, in questo difficile 2020, un altro evento spettacolare: la cometa Neowise (dal nome del telescopio Near-Earth Object Wide-field Infrared Survey Explorer che l’ha osservata nel mese di marzo) torna visibile a occhio nudo dopo la fase di perielio e si mostra con una doppia coda brillante. Per vederla senza l’ausilio di binocoli e telescopi è necessario aspettare le prime luci dell’alba (intorno alle quattro del mattino), prendere come riferimento Venere, che si presenta come una stella molto brillante nella costellazione del Toro (al di sotto delle Pleiadi), e guardare in direzione 30 gradi Nord, verso la costellazione dell’Auriga. Gli esperti stimano che nelle prossime settimane la cometa diventerà più brillante, rendendosi visibile anche al crepuscolo, in più, nelle regioni del Nord Italia, diventerà circumpolare ovvero visibile per tutta la notte.
In questa rubrica abbiamo già avuto modo di accennare alle comete, ma cogliamo l’occasione per approfondire la nostra conoscenza di oggetti celesti che sin dai tempi antichi hanno affascinato l’uomo, seppur siano spesso stati associati a cattivi presagi.
Alcuni proverbi recitano “Cometa porta sulla terra o peste o fame o guerra” o “La stella cometa porta per sette anni una coda di peste e di malanni”. Lungi da me essere scaramantica o superstiziosa, ma il fatto che una cometa sia visibile proprio in questo complicato ed atipico 2020 un sorriso amaro me lo ha strappato.
Nella storia le comete sono state, infatti, associate a sciagure, pestilenze e morti di personaggi celebri, tanto che lo stesso Shakespeare diceva “Quando muoiono i pezzenti, non si vedono comete; ma i cieli stessi fiammeggiano annunziando la morte dei prìncipi”. Profetica fu la frase dello scrittore americano Mark Twain che nel 1909 disse “Sono nato con la cometa di Halley nel 1835. E‘ in arrivo anche il prossimo anno, e mi aspetto di andarmene con lei. Sarà la più grande delusione della mia vita se non me ne andrò con la cometa di Halley”. Infatti Twain morì l’anno successivo, stroncato da un infarto cardiaco all’età di 74 anni, quando la cometa di Halley era di nuovo visibile e nei giorni del suo massimo avvicinamento alla Terra.
Ma per sfatare questo mito di portatrici di sventure mi fa piacere prendere in prestito le parole di Margherita Hack “Le comete? Dei sassi cosmici, nient’altro che sassi cosmici”.
Le comete, infatti, sono degli ammassi relativamente piccoli – con un diametro che varia da qualche centinaia di metri ad una cinquantina di chilometri-, formatesi dall’aggregazione di metalli, frammenti rocciosi e silicati tenuti insieme da acqua e gas ghiacciati (come metano e anidride carbonica). Questi materiali costituiscono il nucleo cometario ovvero la parte principale delle comete che, secondo i modelli più accreditati si formano in una regione esterna del Sistema Solare, chiamata Nube di Oort, in onore del fisico olandese che per primo ne ha ipotizzato l’esistenza. Tali ammassi di ghiaccio e polveri viaggiano seguendo delle orbite ellittiche, con periodi di tempo che variano da qualche anno a centinaia di anni (come di corto periodo), se non addirittura migliaia di anni (comete di lungo periodo). Nella loro orbita intorno al sole, il nucleo cometario è praticamente quasi sempre invisibile: l’unico momento in cui la cometa diventa osservabile è quando si avvicina sufficientemente al Sole, così che il vento e la radiazione ad alta temperatura provenienti dalla nostra stella, sciolgono lo strato di ghiaccio superficiale, creando la caratteristica scia luminosa chiamata chioma. La parola cometa, per l’appunto, deriva dal greco (κομήτης) e significa chiomato, ovvero dotato di una lunga capigliatura. Per effetto della pressione della radiazione solare la chioma è direzionata in senso opposto alla direzione da cui proviene il vento solare che soffia via le particelle che evaporano dalla superficie.
In realtà, le comete hanno più di una coda, una più luminosa composta da polveri che ha una forma più incurvata e a ventaglio, una composta da ioni (particelle cariche) che tende ad avere una sfumatura bluastra, ed una coda di sodio, la più vicina alla direzione antisolare, visibile però solo con l’utilizzo di appositi filtri. Alcune comete presentano contemporaneamente sia la coda di polvere che di ioni come la celebre Hale-Bopp, altre soltanto la coda di ioni, come ad esempio la Hyakutake (come mostrato nelle foto).
Dal momento che parliamo di comete, non possiamo fare a meno di ricordare il grande successo della missione spaziale europea Rosetta, così chiamata in onore della stele che permise a Champollion di tradurre i geroglifici, visto che la sonda voleva essere l’anello di congiunzione tra i meteoriti che raggiungono la superficie terrestre e lo spazio esterno, per arrivare ad una comprensione più profonda del Sistema Solare. La sonda aveva a bordo il lander Philae che il 12 Novembre 2014 è atterrato sulla superficie della cometa 67P/Churyumov Gerasimenko, fornendo immagini e dati di sensazionale bellezza e rilevanza scientifica. Uno degli obiettivi principali di questo tipo di missione è infatti studiare la composizione chimica delle comete, considerate come principali responsabili della presenza di acqua sul nostro pianeta. Anche se questa è una questione ancora oggi molto dibattuta e che magari affronteremo in un’altra occasione.