Riceviamo dalla Guardia di Finanza – Comando Provinciale di Viterbo e pubblichiamo
Il Comando Provinciale di Viterbo, su segnalazione del Nucleo Speciale Anticorruzione – componente specialistica della Guardia di Finanza deputata alla tutela della legalità nella pubblica amministrazione, ha accertato che un dipendente pubblico svolgeva da tempo un “doppio lavoro” senza la prevista autorizzazione.
Le indagini, condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Viterbo, hanno consentito di ricostruire i compensi percepiti da un professore universitario, residente nella provincia di Viterbo, che nel periodo dal 2010 al 2016 ha percepito compensi non spettanti per circa 1 milione di euro aggirando la normativa sul pubblico impiego.
Il docente, in violazione di quanto previsto dalla Legge 30 dicembre 2010, n. 240 (cosiddetta “Riforma Gelmini”), ha eseguito attività libero professionali a favore di imprese e soggetti pubblici senza la prevista autorizzazione del proprio Ateneo al quale era legato da un rapporto di “esclusiva”.
Al fine di garantire l’applicazione del principio costituzionale del buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione, il Decreto Legislativo n. 165 del 30 marzo 2001 impone ai dipendenti pubblici – in generale – l’obbligo di ottenere la preventiva autorizzazione dalla propria amministrazione di appartenenza per svolgere incarichi extraprofessionali rispetto alle mansioni per cui sono stati assunti. Ciò consente alla pubblica amministrazione di valutare da un lato l’eventuale sussistenza di motivi d’incompatibilità e dall’altro l’assenza di possibili cause di compromissione delle energie psico-fisiche necessarie allo svolgimento dell’attività lavorativa primaria.
Per il dipendente infedele inizierà un procedimento disciplinare e l’iter per il recupero di tutti i compensi relativi agli incarichi extra istituzionali non autorizzati.
Al termine delle investigazioni è stato notificato al citato docente un “invito a dedurre”, emesso dalla Procura Regionale per il Lazio della Corte dei Conti, con il quale gli è stato contestato un danno erariale per circa un milione di euro, di cui euro 697.558,00, ricondotti ad emolumenti per attività assolutamente incompatibili con lo status di dipendente pubblico ed euro 241.770 derivanti dal ricalcolo della retribuzione concessa, quale pubblico dipendente a tempo definito, anziché a tempo pieno.
L’attività di polizia economico-finanziaria svolta si colloca nel solco degli obiettivi strategici della Guardia di Finanza e testimonia il costante impegno profuso dal corpo nel contrastare la violazione delle norme che sanciscono il vincolo di esclusività dei pubblici impiegati nei confronti delle amministrazioni pubbliche di appartenenza.