di Luciano Marziano
Il recente pericolo di inquinamento ambientale corso con la proposta di installazione di un invasivo Parco (giochi) a tema richiama la necessità di tenere viva la memoria positiva, cioè quella che del passato coglie le luci ma anche le ombre. Al riguardo si riporta quanto Antonio Cederna, battagliero difensore del territorio, ebbe a scrivere in un reportage del 1973, poi incluso nel saggio intitolato La distruzione della natura in Italia.
“I 330 chilometri di litorale laziale offrono uno spettacolo di completo, irreversibile sfacelo ambientale e urbanistico. Non è dato scoprire un solo tentativo di razionale organizzazione del territorio, non uno spazio libero e naturale stabilmente preservato, non un insediamento in profondità e rispettoso della costa ma un pressoché continuo soffocante, degradante ammasso edilizio, come se ogni sforzo fosse stato messo in atto per sbarrare il libero accesso al mare, saturare ogni area disponibile, rendere disagevole ogni attività ricreativa e di vacanza. Come se il litorale fosse un territorio nemico da conquistare, razziare e distruggere a solo vantaggio di speculatori e lottizzatori.
“Diamo uno sguardo alle principali tappe…, proseguendo da nord a sud. Nella piana ai piedi del colle di Tarquinia, appare subito il doppio registro: il ghetto per i signori, la spampanata lottizzazione (Marina Velca) da una parte e l’agglomerato per il volgo (Lido di Tarquinia)…: la fascia a mare viene investita dal piano regolatore con una cubatura che, praticamente, raddoppia l’attuale popolazione ”
La verifica procede con gli altri insediamenti. Santa Marinella “diventata un seguito ininterrotto di stabilimenti, edifici, ville, alberghi”. Cerveteri con la lottizzazione di Campo di Mare, “sterminato colombaio balneare in stile moresco caprese messicano… su un terreno che è costato 2.000 lire a metro quadrato e adesso è rivenduto a dieci volte tanto”. Significativo il richiamo ai nobili locali, rappresentanti di quegli ambigui personaggi che proclamano amore per la loro terra e città, ma sono pronti venderla e non certo per soli trenta denari.
E poi Ladispoli , “sgangherata caricatura di Manhattan: un coacervo di grattacieli con stacchi di cinque metri, con fossi fogne che scolano sulla spiaggia”. Marina di S. Nicola, sorta in zone sino ad ieri intatte sul litorale massacrate e privatizzate da enormi lottizzazioni indifferenti alle prescrizioni della legge ponte. Mentre a Fregene “la lottizzazione ha privatizzato e semidistrutto una delle superstiti pinete litoranee del Lazio”. In un crescendo che toglie il respiro per angoscia, scorrono la necropoli balneare di Focene “diroccata come un avamposto nel deserto”, “il sudicio agglomerato” di Fiumicino, le” lottizzazioni abusive di Isola Sacra”, il “mare in gabbia” di Ostia. Dopo la parentesi di Castel Porziano, residenza del Presidente della Repubblica, la “suburra balneare” di Torvaianica, la maggior vergogna della costa laziale. Giù giù Anzio, Nettuno fino a Gaeta: una cavalcata nell’orrore nel quale si mescolano insipienza, mancanza di piani regolatori, miopia di pubblici amministratori, condizionante speculazione con conseguente lievitazione dei prezzi come quelli riportati dallo stesso Cederna per Tor San Lorenzo, i cui terreni nel 1953 costavano 500 lire lievitati a 15-20.000 vent’anni dopo.
Nonostante la benevolenza del tempo che, a volte, stende veli pietosi, il vulnus al paesaggio, come i grattacieli che si stagliano sull’orizzonte marino di Tarquinia, non è metabolizzabile. Quel grumo di casoni frutto di approssimazione culturalmente carente, con il loro inquietante incombere, l’allucinata solitudine ed estraneità in ogni stagione, resta reperto di velleitario trasferimento di modelli da altri contesti urbani in palese stridore con un territorio dalle forti sedimentazioni e connotazioni storiche nel quale il respiro profondo della storia reclama un sacrosanto rispetto. Paradossalmente, chi li ha immaginati beneficia dell’oblio perché, altrimenti sarebbe ricordato, oltre che come buon padre di famiglia (sicuramente sulla lapide cimiteriale), quale disprezzabile inquinatore ambientale.